Regia di Mimmo Mancini vedi scheda film
Ogni volta che vediamo un buon film non italiano, sorge spontanea la domanda: perché non riusciamo a farlo pure noi ? Ogni volta che vediamo l'ennesimo prodotto francese di media fattura, il film svedese di pregiata confezione, il movie americano con nomi poco altisonanti ma di consumata professionalità, ci chiediamo : saremmo in grado di farlo pure noi ? Ameluk è la prova che non siamo in grado di farlo. Intanto, è davvero incredibile che non ci sia nessuno che parli di plagio: ma come, "La passione" di Carlo Mazzacurati ha lo stessa tema (un sostituto del "Gesù Cristo" per la processione del Venerdì Santo) e nessuno lo cita ? Intanto, strizza il verso a "La Capagira" e nessuno se ne ricorda. Intanto, ha dialoghi risaputi e contraddittori (si pensi anche, con ben altra capacità di narrare a "Su Re") e l'hanno ricordato solo sui siti specializzati. Certo, non sono stati in molti a vederlo: e questo fa "bene" al film, al suo regista, che potrà crescere lontano da questo deludente esordio. Ma tornando alle domande inziali, dobbiamo mettere insieme una terza componente: troppe volte, nel mondo dell'arte (e del cinema nello specifico) si dice che "chi ha raggiunto il successo, l'ha tolto ad altri, magari più meritevoli", e che "nel cinema italiano, alla fine ci sono sempre gli stessi". Ma girando l'Italia in lungo e in largo, osservando decine di registi "indipendenti", con poca distribuzione, talenti veri non ne emergono. In pratica: forse, il nostro cinema è proprio questo, generalmente ancorato alla provincia, con scarso respiro internazionale, destinato ad essere ricordato dai pochi spettatori interessati all'opera. Mimmo Mancini, già autore di corti, prende una storia buona per un cortometraggio, appunto, la stiracchia fino a farla crescere per 94 minuti, fa parlare qualche vecchio attore che non offre spunti di comicità ma solo momenti di nostalgia per ciò che poteva essere e non è, non afferrra la vera importanza del messaggio (l'accettazione dell'improvvisamente "diverso") e conclude, alla fine, con un classico "volemose bene". Pugliese fino in fondo in modo affrettato e superficiale, l'opera non riesce ad andare al di là del compitino diligente: l'immigrato giordano, ma ammogliato in Bitonto, è costretto (?) a recitare il ruolo del Nazareno perché Michele, il parrucchiere, si è seduto sulla corona di spine prima della rappresentazione. Ovviamente Jusuf è musulmano: questo inscena una serie di (purtroppo tediosi e a volte stucchevoli) compromessi comici dato che politici e paese non vedono di buon occhio questa scelta; il parroco però appare più deciso e convinto rispetto ai compaesani: e questo, addirittura, è un "boomerang" per il film stesso, che non intende inimicarsi la chiesa, sia locale che nazionale (può mai essere credibile ? Direi proprio di no). Con musiche gonfie e stantie, senza un pizzico di originalità, la commedia si avvita coinvolgendo tre candidati sindaci locali allo scontro pre-elettorale fuori luogo, la sorella e il cognato di Jusuf (questi è interpretato da Mehdi Mahdloo Torkaman) gestori di un ristornate arabo integrati nella comunità multietnica, dove c'è perfino un ebreo fissato per i congiuntivi ! Nella troppa carne al fuoco, non emerge un punto di vista, e il film si perde con faciloneria nel grottesco (su cui è comunque basato), piuttosto che sul versante comico, cui inizialmente sembrava destinato; fallace persino nell'interpretazione caricata del candidato "mezzasoma", sindaco improbabile interpretato dallo stesso regista il lavoro annaspa senza trovare vie d'uscita. Un'operina stinta e pesante, che però aspirerebbe - per sua definizione - ad essere leggera e partecipe dello stato d'animo della provincia italiana. Film brutto, quando non insopportabile. Rimandato il regista a prove future: con altri mezzi ed una storia più convincente potrà fare di meglio.
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