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Sognando il Nord

Regia di Nacho G. Velilla vedi scheda film

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La recensione su Sognando il Nord

di scapigliato
8 stelle

Il regista televisivo Nacho G. Velilla torna al lungometraggio chiamando a sé collaboratori di lusso come Javier Cámara, Carmen Machi e José Sacristán. E lo fa con una commedia leggera leggera, senza pretese, che strizza l’occhio al sociale e all’attualità. La cosiddetta “generación perdida” o anche “los mileuristas”, ragazzi spagnoli intorno ai trent’anni che hanno avuto una formazione migliore dei loro padri, ma che hanno possibilità lavorative peggiori dei loro padri, è al centro della pellicola di Velilla. Meglio sarebbe dire che è sullo sfondo della pellicola, visto che il taglio sociale e realista è un mero pretesto per raccontare le disavventure dei due protagonista e la storia d’amore tra Yon González e Blanca Suárez che si ritrovano a flirtare a quasi dieci anni da quel bel rapporto turbolento che innervava le ultime stagioni de El internado (2007-2010).

Pur sorretto da un ottimo cast, come spesso accade nel cinema spagnolo dato il talento di attori e attici di nuove e vecchie generazioni, il film non decolla e resta un “vorrei, ma non posso” (o un “potrei, ma non riesco”), un tentativo di commedia leggera con tematiche sociali e vocazione comico-esilarante – cosa che succede con successo in film come Extraterrestre (2011), Tres bodas de más (2013), Por un puñado de besos (2014) e le commedie di Daniel Sánchez Arévalo. Invece, Perdiendo el Norte tradisce fin da subito la sua parentela con il linguaggio televisivo e una comicità casalinga, stanca e stereotipata.

Anche un attore di razza come Yon González è sacrificato nel macchiettismo della pellicola. Va detto però che riesce a liberarsi dalla zavorra del cliché appena il testo da forzatamente comico diventa naturale e spontaneo. Basti prendere due scene e vedere di nascosto l’effetto che fa: quando Yon González entra nella sua nuova casa a Berlino accompagnato dalla spalla Julian López e da Miki Esparbé, gli si dipinge in volto un’espressione molto puerile, molto telefonata, da avanspettacolo parrocchiale, mentre nella scena del bagno, tra lui e Blanca Suárez, complice un dialogo molto fluido e naturale, l’attore vasco esibisce tutta la sua freschezza e naturalezza, confermandosi campione nella recitazione fisica, fatta di scarti, di piccoli gesti, posture e invenzioni cinesiche.

Finora il meglio di sé Yon González l’ha dato interpretando personaggi ribelli, duri e tenebrosi come il giovane Iván Noiret de El internado e il Julio Olmedo di Gran Hotel (2011-2013) – serie tv tra le migliori della storia spagnola che l’Italia, invece di tradurre e trasmettere in televisione così com’era ha ben pensato di rifare ex novo nella solita e banale location dolomitica e con attori misconosciuti e inqualificabili, mentre invece nell’originale si fanno i nomi di Amaia Salamanca, Adriana Ozores, Fele Martínez, Eloy Azorín, Concha Velasco, Manuel de Blas, Lluís Homar e Marta Hazas.

Forse le commedie non sono il terreno migliore per Yon González, nonostante in Torrente 4 (2011), forse per l’atmosfera anarchica e spregiudicata del film e della direzione di Santiago Segura, l’attore sia trascinante e divertentissimo seppur in un piccolo ruolo. Vista l’ottima interpretazione drammatica in Mentiras y gordas (2009) a cui va aggiunta la classe con cui si presta a più scene di nudo, tra cui un frontale, e la piccola parte in un film poco riuscito come Transgresión (2011) che risulta essere la migliore dell’intero cast, si può ipotizzare che “el chico travieso” sia più a suo agio nei panni scomodi e cinici di personaggi borderline, a metà strada tra antieroi e antagonisti, che in quelli comodi e generalisti dell’eroe romantico di commedie rosa.

Una prova di questa sua predisposizione è la partecipazione a El club de los incomprendidos (2014), altra commedia di taglio televisivo con un cast prettamente adolescente e dalla lettura molta facile. Nel film diretto da Carlos Sedes, González è un allenatore di pallavolo femminile che cerca di abusare di una sua atleta. Poco più che una trasferta dal set di Bajo Sospecha (2014), il clamoroso flop poliziesco di Antena 3 che oltre all’improbabilità della storia, dei dialoghi e delle svolte narrative, sacrifica Yon González in un ruolo di contorno nel quale l’attore fa di tutto pur di dare un minimo di credibilità al suo personaggio e alle sue azioni, al netto dell’intera vicenda, ma non può nulla contro la puerilità della sceneggiatura e il pressapochismo della direzione registica.

Sicuri della classe e della razza di attore che è Yon González, fisico e corporale, dominante e attivo in scena, ci si aspetta di vederlo lavorare per registi come Almodóvar, de la Iglesia, Rodríguez e Monzón e al fianco di attori del calibro di José Coronado, Luis Tosar, Javier Bardem, Miguel Ángel Silvestre, Carlos Aricies e amici e vecchi colleghi come Mario Casas, Martiño Rivas, José Sacristán, Hugo Silva, Amaia Salamanca e l’imprescindibile e bellissima Blanca Suárez. Dopotutto, a parte due commedie poco riuscite, Yon González resta uno tra i più validi e disarmanti attori europei della sua generazione.

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