Regia di Angelo Orlando vedi scheda film
Afferma lo scrittore Marco Lodoli che esistono due tipi di artisti: quelli che, opera dopo opera, lavorano sempre sullo stesso tema, in un continuo battere e ribattere lo stesso chiodo tematico che li porta a sviscerarne tutti gli aspetti visibili e nascosti.
E poi gli artisti che ad ogni nuovo lavoro affrontano un tema e un genere diverso, in una frenesia di mostrare la realtà dai più variegati punti di vista.
Ad una analisi superficiale il regista e sceneggiatore Angelo Orlando sembra appartenere a questa seconda categoria. Dal primo film, una dark comedy sanguinolenta, fino a “Rocco”, un dramma metafisico sul tema del Doppelgänger, passando per la commedia sentimentale “Sfiorarsi”, Orlando sembra attraversare i generi cinematografici senza preoccuparsi troppo di mantenere una coerenza artistica. Eppure, ad uno sguardo più attento, si trova sempre un filo comune che lega tutti i suoi lavori: quello della impossibilità di crescere ed evolversi dell’uomo comune, rappresentato dai suoi personaggi che attraversano la vita e i suoi drammi senza imparare nulla.
Così i due protagonisti del claustrofobico “Barbara” finiscono esattamente dove avevano cominciato, ammanettati ad un letto (metafora evidente ed estrema dell’impossibilità di evolvere). Oppure il protagonista di Sfiorarsi che, nel finale aperto, non può far altro che affidarsi al caso. Che aveva guidato tutto il suo percorso e che non promette nessun reale cambiamento.
E infinei Bobo Benso, protagonista di "Rocco" che,dal momento in cui viene estromesso dalla propria esistenza da un "doppio" più fattivo e vitale, resta a guardare immobile dalla strada quella vita che poteva essere la sua.
Andando controcorrente rispetto a tante scuole di sceneggiatura, dove si insegna che ogni protagonista deve avere uno sviluppo e una crescita di consapevolezza (“l’arco narrativo del personaggio”), Orlando ci mostra che nella realtà, nella vita vera, la maggior parte della gente comune resta bloccata alla propria eterna adolescenza, condannata a ripetere sempre gli stessi errori, facendo delle esperienze vissute solo un catalogo di avvenimenti casuali senza mai riuscire a comprenderne il senso. Nella sua visione per nulla consolante, ma profondamente realistica, Orlando ci dice che siamo tutti fermi a quell’epoca felice, a quel “quasi quattordici”, che però non tornerà più a lenire un presente pietrificato.
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