Regia di Victor Fleming vedi scheda film
“Gone with the wind” è la rappresentazione per antonomasia del “polpettone”, pellicola dalle dimensioni “monstre” in tutto e per tutto che è entrata prepotentemente a far parte dell’immaginario collettivo per i suoi personaggi, per la colonna sonora (il bellissimo pezzo di Max Steiner ormai è conosciuto in Italia per altri motivi), per frasi senza tempo (“After all, tomorrow is another day”) ad altro ancora.
La guerra di secessione sconvolge l’esistenza di un intero popolo ed anche quella di Rossella O’Hara (Vivien Leigh), che si ritrova a dover ripartire da zero dopo aver perso la ricchezza di famiglia ed il marito in guerra.
Sulla sua strada ritornano l’amore del tempo passato e Rhett Butler (Clark Gable) uomo affascinante che non le farà mancare il suo aiuto (e non solo).
Melodramma sterminato, ma anche affresco storico elegante (in tal senso la fotografia ha un gran peso), firmato a più mani (oltre al nome tutelare di Victon Fleming collaborarono anche George Cukor, nei primi giorni di lavorazione, e Sam Wood) è la massima rappresentazione del cinema classico hollywoodiano e non solo per i notevoli mezzi a disposizione (che per esempio risultano lampanti durante il lungo assedio di Atlanta).
Una storia sterminata (tre ore e mezza la durata) che come tale non può mantenersi sempre interessante a 360°, ma che dispone su schermo una gran varietà di eventi e mutazioni di scenario anche totali.
Su tutto la principale cifra caratteristica è offerta dall’infinito, e mutevole, rapporto tra Rossella (va detto, a tratti il personaggio è fin troppo egocentrico) e Rhett (sogno delle donne e invidiato dagli uomini), questo anche (se non soprattutto) grazie a due interpreti di spessore (Clark Gable è eccezionale per la parte), anche se durante l’estenuante capitolo conclusivo, tirato davvero per le lunghe (e con tinte drammatiche a volte sopra le righe), perde un po’ di fiato.
Nota a parte “merita” l’intollerabile doppiaggio italiano attribuito ai personaggi neri, decisamente retrogrado e faticosamente sopportabile.
Un film che è entrato prepotentemente nella storia del cinema, e per una pellicola “fiume” sono fioccati un mare di Oscar, ben otto nella più classica delle decisioni dell’Academy da sempre affezionata a questa tipologia di prodotto.
A suo modo immortale anche se non esente da imperfezioni quali lungaggini, approssimazioni e salti troppo repentinei.
Nella storia.
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