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Fuocoammare

Regia di Gianfranco Rosi vedi scheda film

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La recensione su Fuocoammare

di lolbond007
7 stelle

Documentario ben fatto, che ci apre gli occhi sulla difficile realtà che attanaglia un continente intero nell'indifferenza degli altri.

 

Gianfranco Rosi punta la videocamera verso un dramma che, giorno dopo giorno, si consuma nell'estremo sud del territorio italico, ovvero la tragedia dei migranti.

E lo fa, tra l'altro, raggiungendo un certo successo (Orso d'Oro a Berlino, candidatura a miglior film ai David di Donatello, rappresentanza italiana nella competizione degli Oscar 2017).

Per quanto riguarda gli Oscar, si tratta di un film naturalmente molto diverso per concezione e realizzazione rispetto ai recenti predecessori, i poco fortunati Non essere cattivo e Il capitale umano e il vincitore La Grande Bellezza.

Proprio dal regista di quest'ultima, straordinaria pellicola, Paolo Sorrentino, sono giunte critiche piuttosto dure riguardo alla scelta della candidatura di Fuocoammare, in quanto, afferma egli, non ha alcuna speranza di vincere essendo un documentario.

Avrà ragione?

Lo scopriremo solo vivendo. Quel che è certo è che, Sorrentino a parte, Fuocoammare resta un film molto d'impatto e che sarebbe ingiusto circoscrivere al puro e semplice genere dei documentari.

Si tratta infatti anche e soprattutto di un film drammatico, in cui ogni personaggio recita in se stesso, senza artifizi o finzioni.

Il regista Gianfranco Rosi scatta una fotografia di una tragica realtà. Lo fa al momento giusto, mettendo le mani in un territorio dove nessun regista di peso si era mai introdotto, quello dell'esodo di un continente, che arriva nella (disattesa) speranza di trovare fortuna.

D'altro canto, però, non è possibile pensare che la fortuna di un film derivi solamente dalla tematica trattata.

Infatti, effettuando un'analisi più approfondita di carattere tecnico della pellicola, si giunge alla conclusione che, in fin dei conti, è un diginitosissimo film, pur presentando qualche limite.

Ma, inziando dai lati positivi, troviamo sicuramente la fotografia, che confeziona immagini naturali, ma scure (principalmente in tonalità di nero, blu e grigio), che rappresentano la notte, sia reale che in senso figurato, il momento buio che stanno attraversando centinaia di migliaia di persone. Persone alle quali chi sta meglio di loro, compreso il sottoscritto, dovrebbe dedicare almeno un pensiero di carità e compassione.

Azzeccatissima anche la colonna sonora, per il semplice motivo che non c'è una colonna sonora! O meglio, sono i suoni puri della quotidianità, dell'uomo e della natura a comporre la colonna sonora. Non c'è bisogno di una musica per enfatizzare il dramma; non c'è bisogno della musica per enfatizzare soprattutto questo dramma: le immagini parlano da sole.

Le inquadrature sono pulite, anche se a volte un po' (volutamente?) sbilenche, a sottolineare ancora una volta il concetto di semplicità che vuole trasmettere questo film.

Interessante è poi il parallelismo tracciato dal regista su tre realtà diverse, che convivono: gli anziani, rappresentati dalla nonna di Samuele che ricordava la guerra, i giovani, rappresentati da Samuele stesso, e i migranti, che arrivano a migliaia, su barconi pericolanti, via mare.

Se l'intenzione del regista era buona, è proprio in questa circostanza che la pellicola si incarta di più. I parallelismi risultano un po' pasticciati, e soprattutto non si capisce bene dove Rosi voglia andare a parare: manca una conclusione che riesca a chiudere il cerchio e trovare un fattore comune. Le tre realtà ci vengono proposte essenzialmente su binari separati, che non s'incontrano (come sarebbe invece auspicabile): ad esempio, perchè Samuele non viene mai a contatto con la situazione dei migranti?

Memorabili, invece, due monologhi: quello del medico Bartolo, che soccorre i migranti, e quello di un migrante nel centro d'accoglienza, in cui spiega la situazione tragica alla quale non trovano via d'uscita. Va dato atto al regista di non essere mai caduto nella micidiale tentazione della retorica: non si calca mai la mano sul dramma, il film riporta e conduce lo spettatore alla propria riflessione, senza le classiche scene strappalacrime.

La visione di questo docu-drama è assolutamente consigliata a tutti, nel bene e nel (poco) male, sul piano cinematrografico ma anche, e soprattutto, in termini morali e civili.

Dobbiamo aprire gli occhi su una realtà che forse non ci tocca da vicino, ma che ogni giorno strappa da questo mondo decine di uomini e donne, anziani e bambini, dei quali spesso non si conoscono neppure nome e cognome.

Morti nella generale indifferenza.

Ma avevano tutta la loro vita da vivere.

E il rispetto delle vite umane viene prima di ogni altra cosa.

 

"In fondo c'è una sola razza: l'umanità"

(George Moore)

 

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