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Fuocoammare

Regia di Gianfranco Rosi vedi scheda film

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La recensione su Fuocoammare

di Mulligan71
6 stelle

Gianfranco Rosi è un uomo fortunato: con due documentari, peraltro non memorabili, anche se "Sacro Gra" è superiore a questo, ha sbancato prima Venezia e poi Berlino. Roba da far tremare i polsi. Boh, spiegarselo è difficile, ma tanto fa. "Fuocoammare", appunto vincitore a sorpresa della Berlinale 2016, è un film difficile da giudicare, visto il tema che tratta. Se si rimane strettamente in ambito cinematografico, di idea-cinema, girato, innovazione, è opera abbastanza mediocre, se invece si va nel profondo, nel cuore del progetto, è opera di sicuro interesse, moralmente importante, coraggiosa. Il cinema documentaristico di Rosi lascia spazio al silenzio, le parole sono poche e misurate, tutte dei protagonisti: è un cinema a tratti contemplativo, spesso dilatato inutilmente, ma che ha comunque un suo fascino. In "Fuocoammare" è regista "embedded", ovvero in pieno "teatro di guerra", su una nave militare italiana, impegnata ogni giorno nel soccorso dei migranti nel canale di Sicilia. Le immagini che mostra non sono mai retoriche, non scandagliano i volti per una lacrima facile, ma documentano, appunto, uno dei drammi dei nostri tempi, lontane dal pattume dei telegiornali e dei rotocalchi televisivi. Questo è un punto importante a suo favore. Dopodiché scende sull'isola, Lampedusa, e ci mostra, in parallelo la storia di questo ragazzino, piuttosto oscura, per me, e del suo crescere in una famiglia di pescatori. Lui è istruito per prendere il mare, i migranti, invece, non cercano che la terra ferma. Purtroppo il film non decolla mai, non ha scatti e neppure troppa poesia, sempre che temi come questi ne abbisognino. Colpisce al cuore solo negli intricati meccanismi migratori, nei volti e nei canti dei migranti, ma neanche poi sempre. E' tutto un po' geometrico, calcolato. "Fuocoammare" rimane un bel resoconto, comunque, che non cerca la verità a tutti i costi, ma, semplicemente, la mostra.

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