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Vertigine

Regia di Otto Preminger vedi scheda film

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La recensione su Vertigine

di AtTheActionPark
10 stelle

Il film, tratto dal romanzo di Vera Caspary, non è, o soprattutto non ha, l’aspetto del tipico noir di serie B. Vertigine è, infatti, un film girato quasi esclusivamente in interni lussuosi, e con protagonisti appartenenti alla medio-alta borghesia. Potremmo dunque dire che è, a tutti gli effetti, un film di serie A. La regia di Preminger è raffinata ed elegante, affatto nervosa o economica. Le pieghe dell’ambiguità che caratterizzano questo noir sono invece da cogliersi più in profondità: in quegli scarti che questo capolavoro spesso nasconde, anziché dichiarare.

 

Nucleo centrale su cui ruota la storia di Vertigine è Laura, o, per meglio dire, il suo ritratto. Il dipinto è in quegli anni un topos del cinema noir – basti pensare a Rebecca – La prima moglie, a  La donna del ritratto, a La strada scarlatta, a Il ritratto di Jeannie, e poi, più avanti, La donna che visse due volte. Il ritratto, oltre a costituire un parallelo con il riquadro dello schermo, conferisce alla figura femminile un ruolo ideale, o per meglio dire, idealizzato. Cosa altro non è, Laura, se non la proiezione (del desiderio) maschile; un’immagine “animata” dallo sguardo del poliziotto? Il quadro mette dunque in risalto la centralità del ruolo dell’occhio (maschile) – che è il soggetto -, nei confronti dell’oggetto guardato – la donna. Nel film, tutti desiderano Laura, che si fa figura fantasmatica, mortuaria: l’amore di MacPherson per la donna (morta) non è, infatti, molto distante da quello necrofilo di Scotty per Madelaine, nel celebre film di Hitchcock del 1958. Passione, perversione, desiderio si ritrovano e si condensano tutti in questo film, che è probabilmente uno dei più grandi esempi di noir in cui il sogno non è più una “storia nella storia”: sogno e realtà si compenetrano e si confondono, diventano tutt’uno. Dal nero dello schermo, ovviamente.

 

Una particolarità: la “Laura” del film (e del titolo originale) ispirerà, non a caso, il più celebre regista onirico contemporaneo, David Lynch, che la celebrerà dando lo stesso nome alla “morta” – da tutti desiderata - del telefilm Twin Peaks, Laura Palmer.

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Ultimi commenti

  1. Carica precedenti
  2. AtTheActionPark
    di AtTheActionPark

    @precint, sono assolutamente d'accordo. E sono contento che hai ricordato la seq. finale in cui la pendola viene infranta - e il tempo "spezzato". 'Vertigine' è un film che vive di sottotesti, di non detti, di allusioni: davvero un capolavoro inestricabile, al contempo classico e, come ogni grande noir, incredibilmente moderno. Un caro saluto

  3. EightAndHalf
    di EightAndHalf

    Quale immenso capolavoro, che vidi tanti anni fa ma che ancora ricordo con totale precisione: ambiguità, perversione, sottotesti, allusioni. L'onirico che penetra nelle piaghe dell'inconscio dello spettatore; e anche a non voler sforzarsi, il film ha un grande impianto spettacolare che fa delle situazioni banali (i salotti, gli incubi) una fonte di pura inquietudine. E' tra i miei sette film preferiti, anche senza una seconda visione che spero, al più presto, effettuerò. Ottima recensione, @At, ciao!

  4. AtTheActionPark
    di AtTheActionPark

    @Eight, condividiamo l'amore per questo film. Infatti, per pochissimo non era entrato nella mia top20 di qualche mese fa, e fu una rinuncia sofferta.... è il noir classico che amo di più (ma è in ottima compagnia). E tanti sono i momenti, le sequenze, le singole scene che porto nel cuore, a cominciare dall'incipit, tra i più evocativi (in tutti i sensi!) che ricordi. E poi, Gene Tierney è talmente meravigliosa.... Ciao, e grazie!

  5. Marcello del Campo
    di Marcello del Campo

    Il film non ebbe vita facile, come testimonia questo scritto. "Come spesso succede per i grandi film, ["Laura"] è il frutto accidentale di conflitti insanabili. Zanuck, il produttore, non voleva assolutamente che lo dirigesse Preminger (fu costretto ad accettarlo dopo aver licenziato Mamoulian che aveva iniziato le riprese) e non voleva neanche che Waldo Lydecker fosse interpretato da Webb (perché omosessuale), ma Preminger lottò senza esclusione di colpi per dirigerlo e per avere Webb e Joseph La Shelle alla fotografia, come per mantenere i colti dialoghi di Samuel Hoffenstein (poeta e critico teatrale, che per il personaggio di Waldo si rifece a Arthur Woolcott, che guidava la 'Tavola rotonda' dell'hotel Algonquin, celebre cenacolo intellettuale americano). Ma soprattutto, volle nella parte di Laura Gene Tierney, attrice di bellezza malinconica e irreale destinata a incarnare l'idea platonica della donna in nero. La sua apparenza trascolora dal martirio al maleficio diabolico, senza fissarsi definitivamente come un fantasma." [Massimo Sebastiani & Mario Sesti, Delitto per delitto, ediz. Lindau, 1998]. CiaoAtap.

  6. AtTheActionPark
    di AtTheActionPark

    @MdC : grazie per aver riportato questo prezioso scritto riguardante le difficoltà di produzione del film. Preminger è stato, tra i registi hollywoodiani classici, uno tra quelli che più hanno combattuto per i propri film, per mantenerne l'integrità. Se ricordo bene, infatti, il regista divenne in seguito co-produttore dei suoi film proprio per ottenere una certa indipendenza rispetto alle grandi Major - ma non senza incontrare ancora problemi di distribuzione o di censura, soprattutto per le tematiche spinose o dirette di alcuni suoi film [penso al tema della droga ne 'L'uomo dal braccio d'oro']. Un saluto

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