Regia di Asif Kapadia vedi scheda film
La grandezza di un personaggio la si potrebbe misurare, tra le altre cose, dalla qualità dell'opera che si assume il compito di raccontarlo. In questo caso stiamo parlando di Amy Winehouse e di "Amy: The Girl Behind the Name" di Asif Kapadia, e cioè della protagonista del film in questione e del suo regista, uniti, almeno per quanto abbiamo avuto modo di vedere in questo film, da un talento che fa sembrare tutto facile. Perché se è vero che il tema della storia si promuove da solo, e che “Amy” dal punto di vista narrativo si “limita” ad allineare in modo cronologico i tasselli della parabola umana e artistica della diva inglese, è altrettanto certo che le sensazioni di confidenza e famigliarità con cui lo spettatore si ritrova a seguire l’excursus esistenzia
L’apparente mancanza di filtro, conseguente all’assenza di una voce narrante e alla sovrapposizione tra immagini e parole, e quindi senza la presenza delle classiche interviste, produce un’immediatezza pregnante di significati. A far scattare l’applauso invece, ci pensa la musica, declinata nelle molteplici circostanze in cui la cantante ebbe modo di esibirsi; durante i concerti e nelle registrazioni in studio, ma soprattutto nei momenti privati, quelli che maggiormente sono in grado di mostrare la naturalezza della sua arte. Alla fine le ragioni della fine, peraltro documentate da sequenze piuttosto esplicite, cedono il passo al sentimemto. Si vorrebbe trattenerla, Amy; magari aiutandola a colmare quel senso di vuoto che la spinse verso il basso. Tra le mani, purtroppo o per fortuna, ci rimane questo splendido film.
(icinemaniaci.blogspot.com)
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