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King Jack

Regia di Felix Thompson vedi scheda film

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La recensione su King Jack

di mck
8 stelle

Non vi sono demoni, in “King Jack”, solo eredi (C.Plummer) al trono di suburbia con le loro corone di carta ritagliata. Queste tenebre incandescenti, quest'umbratile luce, le riconosco mie. Felix Thompson: è nato un regista (e sceneggiatore). Un narratore. Un poeta. I suoi vagiti posseggono, esprimono e padroneggiano un echeggiare di possibilità.

 

Super Dark Times, o: “Tu, Sanguinosa Infanzia/Adolescenza” (Tetralogia 1) - “Summer of '84” di RKSS, ovvero François Simard e Anouk e Yoann-Karl Whissell (Canada, 2018, op. 2a), “King Jack” di Felix Thompson (U.S.A., 2015, op. 1a), “Kid” di Fien Troch (Belgio, 2012, op. 3a), “Ava” di Léa Mysius (Francia, 2017, op. 1a). 

 

 

«Così una mattina, durante un compito in classe di geometria, tu formulasti intensamente questo pensiero: Oh, quanto, quanto, quanto sarebbe bello se Baldini non facesse parte della I F, se il primo giorno di scuola gli fosse capitato qualcosa – qualcosa di definitivo, vero che lo pensasti? Ed io ti sentii, sentii la spaventosa grandezza del tuo dolore e la spaventosa grandezza del tuo desiderio, e le approvai.»

Brano (qui utilizzato a sproposito dato che in origine parla di gelosia d'amore mentre io l'ho piegato a rappresentare una questione di vendetta) tratto dalle prime due pagine di “E il tuo dimon son io”, l'ultimo racconto contenuto nella raccolta “Tu, Sanguinosa Infanzia” del 1997 di Michele Mari (Mondadori, Einaudi).

 


Il film.
Non vi sono demoni, in “King Jack”, solo eredi al trono della bucolica Brianza Velenosa (la verdeggiante Valle dell'Hudson, N.Y.) con le loro corone di carta ritagliata.
Eppure, la mitopoiesi (kinghiana) è virulenta, l'ancestrale (pavesiano) su scala umana è scatenato: e di tutti i protagonisti, dipinti con due iperrealiste, trasognate, profonde e precise pennellate impressioniste e romantiche possiamo tracciarne - grazie a quel gesto, a quell'intenzione, a quel tocco primevo, ben pensato e trasposto - l'esatta rotta che compiranno lungo i marosi fomentati da(gl)i (e)venti futuri e le bonacce di calma piatta in pacifica, ghiott'attesa d'accoglierne il meritato riposo magari ingoiandone le prospettive o rifocillandone le speranze tra stenti e piaceri dietro l'angolo dei domani schierat'in sorte.
Cosa saranno Jack, e Ben, e Harriet, e Tom, e Holly, e Robyn, e Shane?
E voi? Cosa siete (stati), sarete, potevate essere?
Queste tenebre incandescenti, quest'umbratile luce, le riconosco mie.

I guess I've been bruised if we were to speak plain
Every bruise that comes to flesh, makes it mark on the brain
[…]
So you think you've moved me to change
How could I be moved when I want to move away from this place?
[…]
Do you think of all of the side streets we’ve walked past
Or our buried skeletons in the back yard?

“Skeletons” di JR JR (Dale Earnhardt) da “It's a Corporate World” del 2011 (poi utilizzata anche nella 1a stag. di “13 Reasons Why”).

 


La trama.
Il padre di Jack e Tom designa il figlio minore come erede del suo amore più manifesto a scapito del maggiore che condotto dalla gelosia si vendica di questo furto, di quest'assenza, sul fratellino e su Shane, un compagno di scuola più piccolo. Poi, il padre muore. Così Shane a sua volta si vendicherà di Tom muovendo rappresaglia su Jack, a cui toccherà, ad un certo punto, e qui inizia il film, di dover badare al cuginetto venuto da fuori per un breve periodo di tempo. E salvaguardarlo - oltre che continuare a proteggersi egli stesso - da Shane, dato che questi può usarlo come arma di ricatto quando non è possibile richiamare - vuoi con remore vuoi sorprendendosi della possibilità di poterlo fare - Tom, che nel frattempo è entrato nell'età adulta, con altre responsabilità e problemi, nei paraggi a guisa di mirmillione d'attacco e difesa armato di scudo e gladio, correndo i rischi cui la maturità espone tramite codice penale.
Nel frattempo, Jack, obbligo o verità (tette: due, pisello: uno) non riesce a - perché non vuole - baciare Harriet, perché la ama, e si limita “pien d'angoscia” a rimirala. Per fortuna d'entrambi Harriet si fa meno problemi e s'abbandona alla risolutezza, “insignorita” delle sue “sognanti medulla”. Che finiranno erte al macello, autointerposte a diga di carne e ossa (cresimante bar mitzvah: ora sei un ometto, figlio mio) a difesa del cuginetto coraggioso contro Giggi Er Bullo. E una cicatrice per ricordo, e marchio di fiera bellezza attira-pollastre.

…tra i fiori che crescono su ogni abbandono
sono pericoloso
io che ti rassicuro hai visto all’improvviso è arrivato il futuro
e adesso sono qui
è un super potere essere vulnerabili…

 


Le amicizie.
Charlie Plummer (Jack; reduce da “BoardWalk Empire” e “Not Fade Away” e lanciato verso “Lean On Pete”), classe 1999, 14 anni all'epoca delle riprese, trasporta il film dove gli dicono di portarlo, e gli altri non sono da meno, incominciando dal più giovane Corey Nichols (Ben; “Louie”, “Nurse Jackie”), proseguendo con Yainis Ynoa (Harriet), Christian Madsen (Tom; figlio di Mr. Blonde/Vic Vega, Budd/SideWinder e Joe Gage/Grouch Douglas), Chloe Levine (Holly; “the OA”), Scarlet Lizbeth (Robyn), Danny Flaherty (Shane; “Skins”, “Nurse Jackie”, “the LeftOvers”, “the Americans”), e giungendo alla più grande Erin Davie (la madre).
Fotografia: Brandon Roots. Montaggio: Paul Penczner. Musiche: Bryan Senti.

Presentato in anteprima al Tribeca Film Festival nella primavera del 2015, condivide la propria stagione col cinema di David Gordon Green (“George Washington”, '00, “UnderTow”, '04, e “Joe”, '13) e con “Hide Your Smiling Faces” (Daniel Patrick Carbone, 2012), “Mud” (Jeff Nichols, 2012), “Violet” (Bas Devos, 2014), “Take Me To the River” (Matt Sobel, 2015), “i Cormorani” (Fabio Bobbio, 2016), “Super Dark Times” (Kevin Phillips, 2017).

 


Felix Thompson.
È nato un regista (e sceneggiatore). Un narratore. Un poeta.
Incredibili l'accuratezza e le sfaccettature della scrittura e la gestione degli attori e dello spazio-tempo in scene come quella dei due lanci a baseball (o softball...) in cortile e quella del procurato riparo dalla fuga sfociato in un appuntamento a 4 pomeridiano. 
I suoi vagiti posseggono, esprimono e padroneggiano un echeggiare di possibilità.

* * * ¾ (****)    

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