Regia di Eriprando Visconti vedi scheda film
Da Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto di Elio Petri (1970) in avanti, il cinema italiano scopre il fascino del film a tesi senza limite di colpi bassi, che mira direttamente al cuore delle istituzioni: le forze di polizia, la politica, la magistratura. Ecco così che il nipote di Luchino Visconti, attivo da dieci anni e quattro film, scrive (con Luigi Malerba ed Enzo Gicca) e dirige questa storia ambientata per metà - la seconda - in tribunale che ha come esplicita e sconsolante morale la constatazione che la Giustizia con la G maiuscola è un'utopia. Ma non è una storia prettamente italiana, è piuttosto un apologo generico e sempre valido, tanto che la pellicola verrà esportata con discreto successo anche in Germania e Portogallo. Degno di nota è l'utilizzo in un ruolo abbastanza importante, in cui se la cava bene, di Terence Hill (con questo nome), reduce dai successi dei due Trinità; in realtà non si tratta però di un vero e proprio esordio nel cinema impegnato per l'attore abituato a western e scazzottate ridanciane: già tre anni prima, infatti, era stato impiegato da Lizzani nel suo Barbagia, la società del malessere. Anche il resto del cast funziona: nei ruoli centrali troviamo Adalberto Maria Merli, Martin Balsam e Paola Pitagora, mentre in particine ci sono anche caratteristi del calibro di Pietro Tordi e Rita Calderoni. Il ritmo rallenta nella seconda metà, ravvivandosi grazie a una serie di flashback che però alla lunga, troppi e alcuni troppo lunghi, distraggono. Niente di eccezionale le musiche di Giorgio Gaslini. 5/10.
Una donna viene riconosciuta colpevole di un omicidio che non solo non ha commesso, ma che neppure è stato commesso da altri: la presupposta vittima è infatti ancora viva. La donna si vendicherà una volta uscita di prigione.
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