Regia di Guy Ritchie vedi scheda film
Dopo i fiaschi imperdonabili delle ultime due escursioni cinematografiche a grande sfarzo produttivo made in Usa, incentrate su Re Artù ed i Cavalieri della Tavola rotonda (mi riferisco a Il primo cavaliere di Jerry Zucker con Richard Gere e a King Arthur di Antoine Fuqua con Clive Owen), era lecito temere il peggio con questo ennesimo tentativo di celebrare in pompa magna un mito della storia inglese tra i più affascinanti ed avvolti nel mistero o nel mito.
Il fatto che ora ci provi colui che ha resuscitato Sherlock Holmes nei primi anni '10, confezionandogli due blockbuster dinamici e rocamboleschi alla James Bond, non rassicurava invero molto di più.
Tuttavia Guy Ritchie, che parte maluccio col suo approccio tronfio tutto scenografie computerizzate ed artefatte, elefanti giganteschi ed infernali e vedute spettrali rivolte sull'abisso, per quanto ben realizzate, riesce a salvare il salvabile descrivendoci un personaggio di Artù che, assieme ai suoi scagnozzi (altro che cavalieri!!) assomiglia molto agli eroi di Lock and Stock e di Rockenrolla, ovvero del meglio della produzione del britannico regista sempre molto aperto dell'ironia e all'humor nero.
Certo Charlie Hunnan, fisicatissimo e quasi perennemente fasciato con una sahariana moderna che pare uscita da una vetrina di Oviesse, sembra più un body builder che Re Artù (e qui l'attore è anni luce distante dalla ispirazione recitativa mostrata nel magnifico e grammatico fumettone storico The lost city of Z di Gray; ma non è, ritengo, colpa sua, piuttosto del contesto svaccato e scientemente cialtronesco che regge e conduce la storia rocambolesca e rutilante nello stile caro al regista britannico Ritchie).
È dunque questa ironia sfatante da gangs londinese che salva dal disastro un film che punta tutto su effetti speciali realizzati con dispendio certo, ma anche ormai insufficienti a provocare, da soli, anche un minimo scossone che non sia telecomandato dalle circostanze.
Jude Law fa il "mechant" della situazione, il re salito al trono sulla pelle del fratello saggio padre di un Artù per questo costretto a vivere e crescere in un borsello come un fratello. Un cattivo, il re, che sacrifica la famiglia in nome del potere.
Ma quella di Law è una prova che evidenzia solo una nuova riproposizione un po' più caricaturale ed accentuata di quel Young Pope che gli ha riaperto la via del divismo.
In un piccolo ruolo, utilizzato per dare risalto alla scena fatidica del disincaglio della spada dalla roccia, ci pare di scorgere il volto scientemente imbruttito da ferite e cicatrici, quantomai opportune per impersonare una guardia, dell'ex campione e star del football David Beckham: una presenza di spicco che rimane in linea con lo stile e l'approccio gagliardo e superficiale, ma non proprio pessimo di questo film.
La visione in 2d su grande schermo Isens risulta ottimale, tanto da sentirmi di scoraggiare il ricorso ad una inutile stordente e inutilmente dispendiosa alternativa in 3d.
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