Regia di Guy Ritchie vedi scheda film
Il dovere di un regista...
…dovrebbe essere quello di non distruggere con furia finto-trasgressiva personaggi di fantasia, ormai entrati nell’immaginario collettivo, banalizzandone la resa cinematografica e trasformandoli in dozzinali (intercambiabili) e “ordinari” eroi di plastica, prodotti da stampante 3D per un uso cinematografico post-post-popcorn, già ampiamente dimenticabili non dopo i titoli di coda ma già verso la prima mezz’ora di pellicola.
Guy Ritchie, invece, dopo aver devastato (per chi scrive) l’immagine di Sherlock Holmes, si è deciso a dare la sua interpretazione del ciclo arturiano, rivedendone la collocazione, i costumi e, soprattutto, l’approccio: in sintesi, costruendo un pessimo videogame alla lunga perfino noioso, mancando nello spettatore (almeno) la partecipazione “ludica”, soffocando il film di profluvi di stancante CGI, paradossalmente dalla pessima resa visiva, senza soluzione di continuità.
Quindi elefanti giganti, maghi, demoni e quant’altro fanno capolino nella classica storia della conquista del reame da parte del legittimo erede di Uther Pendragon, dando centralità alla sua magica spada capace di possedere (!) i predestinati conferendogli capacità eccezionali. Esemplificate nel potere di falciare nemici alla velocità della luce (!) dando modo al regista di dare sfogo alle sue “fisse” autoriali: i ralenty e le accelerazioni, che già alla seconda dose farebbero venire l’orticaria a chiunque, se non fosse che tali espedienti vengono mefiticamente intrecciati con (spesso incomprensibili) “flash back” e “forward” che mettono ulteriormente a dura prova anche i palati meno fini degli appassionati dell’universo action-fantasy, condannando la residua buona volontà dello spettatore a sicura (metaforica) morte.
Si prosegue così, di banalità in banalità (perfino il comparto costumi, eccessivamente modernista, è pessimo), nel tratteggio di un Artù nell’innovativa veste di mascalzone/boss di quartiere ma dal cuore tenero (sic !), impersonato da un Charlie Hunnam standardizzato nella sua recitazione smargiassa post-Sons of Anarchy, patronimici imbarazzanti (Mangiagalli ?!?) ed un comparto attoriale di contorno ampiamente sprecato; da un Aidan Gillen infallibile arciere (!) fino ad un Jude Law corrucciato principe del male, da un volatile Djimon Hounsou fino ad un pietrificato Eric Bana. Per concludere poi il tutto con uno degli epiloghi più brutti mai visti in un fantasy-movie (lo scontro col “boss” finale”).
Una composita accozzaglia tamarra.
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