Regia di Bill L. Norton vedi scheda film
Sottovalutato. Forse essendo il primo film che ho visto al cinema da curioso bambino delle elementari che ero (due volte andai in un giorno a vederlo, la matina con la scuola e al pomeriggio con mia nonna), il film dell'anonimo regista Bill L. Norton è rimasto in me come una pietra miliare. Inoltre mi aveva aiutato a impostare in me il codice narrativo che poi ho sempre cercato e ancora oggi cerco con avidità e ossessione nei film: il cattivo. Infatti, il crudele dott. Eric Kiviat interpretato dal grandissimo Patrick McGoohan non di certo nuovo a ruoli da antagonista (vedi "Braveheart" e "Fuga da Alcatraz") aveva riscosso la mia simpatia. Alla fine del film facevo il tifo per lui, ma allo stesso tempo ero contento dell'happy-end. L'ambiguità emotiva che mi generò il suo ruolo è stata poi alla base dei miei futuri affetti di celluloide: Gene Hackman su tutti.
La parte iniziale e finale del film sono nettamente migliori di quella centrale, la cui modulazione narrativa rocambolesca non è nulla di nuovo, nonostante sia fatta bene. Il ritmo c'è è innegabile, e anche le caratterizzazioni sono ben tratteggiate, soprattutto quella del capo indigeno, molto macchietta ma efficae. I brontosauri sembrano imbarazzanti davanti a quelli di Jackson in King Kong, ma a differenza di questi ultimi hanno una plasticità diversa, più sensibile. E anche la costruzione delle inquadrature, grazie alle scenografie e alla sovrapposizione delle immagini con i dinosauri, sa di antico. Non di vecchio, ma di antico. Suscitano un fascino diverso, che il digitale non avrà mai.
L'arrivo in Africa, il primo crimine di Kiviat, l'avvertimento allucinato del vecchio indigeno morente, l'incontro con i selvaggi, l'arrivo del dinosauro di notte, sono moduli tipici del racconto d'avventura con spedizione come tema narrativo, e come tali hanno la potenza del racconto archetipico. Il finale invece gioca su parametri diversi. Avviata ormai la macchina rocambolesca di avventure e controavventure alla Indiana Jones, c'è tutta la tensione dello scontro finale depositata nell'incredibile sguardo di McGoohan/Kiviat quando fissa negli occhi la madre brontosauro. Il suo sguardo vale molto di più di altri famosi sguardi alla Bestia. E' uno sguardo magnetico, orgoglioso, da gran cattivo. Tutta un'altra cosa.
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