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La vergine di cera

Regia di Roger Corman vedi scheda film

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La recensione su La vergine di cera

di undying
3 stelle

Girato sottotono da Roger Corman per sfruttare il set esistente de "I maghi del terrore" (1963), "La vergine di cera" rappresenta il peggior pezzo del celebre lotto (in realtà allargato anche a Lovecraft) di pellicole ispirate liberamente dai testi di Edgar Allan Poe. Cast di rilievo (Karloff e Nicholson) ma assai deludente nei fatti. Come il film.

 

locandina

La vergine di cera (1963): locandina

 

Inizi del XIX° secolo. L'ufficiale francese André Duvalier (Jack Nicholson) mentre cammina sul litorale s'imbatte in una graziosa ragazza (Sandra Knight), poco prima di perdere i sensi dopo essere stato aggredito da un falco. Soccorso dell'anziana Katrina (Dorothy Neumann), al risveglio chiede informazioni circa la misteriosa presenza femminile. Nonostante le parole della vecchia, che consigliano di abbandonare l'isola, André segue il suggerimento di Gustav (Jonathan Haze) e raggiunge il castello del barone Victor Frederick Von Leppe (Boris Karloff), solo per scoprire che la donna raffigurata in un ritratto - Ilsa, moglie di Von Leppe deceduta da oltre vent'anni - è identica alla misteriosa giovane che sta cercando.

 

Boris Karloff

La vergine di cera (1963): Boris Karloff

 

Il cast tecnico e artistico in buona parte è lo stesso che ha dato origine al classico e indimenticabile ciclo di opere ispirate dai testi di Edgar Allan Poe dirette da Roger Corman e interpretate da Vincent Price, ma questa volta Richard Matheson non si è occupato della sceneggiatura, affidata invece alle penne sbiadite e poco incisive di Leo Gordon e Jack Hill. Corman, deciso a sfruttare il set (e relativo contratto con Karloff) del precedente "I maghi del terrore" (1963) gira in fretta e furia un (non) horror che si pone, per effetto e risultato, agli antipodi dei predecessori, fatta eccezione (solo per l'ambientazione solare e all'aperto) per il successivo La tomba di Ligeia (1964). Forte dell'esperienza vissuta sui set de La piccola bottega degli orrori (1960) e I maghi del terrore (1963), recupera da quest'ultimi un attore novello (destinato a un radioso futuro) di nome Jack Nicholson e una vera e propria star (Boris Karloff) purtroppo ormai in declino, costretta a interpretare un ruolo decisamente ingrato per via di una clausola contrattuale (delirante, pressoché al limite del comprensibile, lo scambio di identità che lo attende in chiusura). Per raggiungere, con approssimazione tecnica e narrativa, gli ottanta minuti indispensabili a rendere distribuibile il prodotto, Corman impone a Nicholson (sprecato in un ruolo patetico, non meno di quanto toccato a Karloff) di camminare, quando non correre, a destra e sinistra, entrando e uscendo dal castello senza soluzione di continuità per tutta la durata del film. Ad aggravare la fruibilità dell'opera ha contribuito anche Ronald Stein, responsabile di una snervante e stridula colonna sonora che predomina sui dialoghi, senza sosta, per tutta la durata della monotona vicenda. Vicenda che mai fa paura, non intriga né affascina, soffocata in un ambiente implausibile e palesemente artefatto, reso quasi insopportabile da errori di continuità (tra giorno e notte) e scenografie che non gli appartengono. Karloff, purtroppo sminuito nel ruolo per via della pastrocchiata sceneggiatura (pare abbia minimamente contribuito anche Coppola, uncredit) e spinto dal regista verso un tipo di recitazione meno che modesta, dettata probabilmente da un set costretto a chiudersi in tempi brevissimi (paradossalmente con seguente editing sulla pellicola lunghissimo), non può contribuire a colmare l'assenza del ben più convincente Vincent Price, attore di spicco nei precedenti, ben più riusciti, film della serie. Pure Corman, se si escludono le brevi sequenze riciclate dalle pellicole precedenti (il campo lungo del castello), sembra non credere nel progetto e gira frettolosamente, con filosofia da "buona la prima", sino a raggiungere il nadir nel caotico e frastornante finale, vera e propria sagra del cartone (muri) e del polistirolo (sassi). Sicuramente resta il peggior titolo del lotto assieme a La città dei mostri (1963): due esemplari mediocri che non rientrano di fatto nel ciclo su Poe, per essendo a questo legati per produzione, regia, realizzazione e marketing. Il titolo italiano è clamorosamente fuori luogo, sia per contenuto che sotto metàfora (la protagonista non è certamente vergine e la cera viene usata solo come trucco nel pessimo, unico, effetto speciale che chiude il film), mentre sorge il sospetto che la sopravvalutazione generale di cui gode questo lungometraggio dimenticabile e dimenticato sia da attribuire alla distrazione di una parte di pubblico che confonde titoli e opere: "È diretto da Corman, c'è Boris Karloff e (forse) fa parte del ciclo su Allan Poe".

 

Jack Nicholson, Sandra Knight

La vergine di cera (1963): Jack Nicholson, Sandra Knight

 

Curiosità e critica 

 

L'attrice che interpreta il doppio ruolo Ilsa/Hélène (tipologia di femmina dal duplice carattere, forse mutuata da La maschera del demonio di Mario Bava al pari di Katrina, la strega vendicativa) è interpretata da Sandra Knight, all'epoca del girato moglie di Jack Nicholson.

 

"The Raven doveva dare origine anche a una 'filiazione' imprevista. Il contratto di Karloff permise a Corman di utilizzare l'attore per qualche altro giorno dopo l'ultimo ciak di The Raven, a fine ottobre 1962. Nasce così The Terror, 'riciclando' dal film precedente le scenografie e due interpreti, Karloff appunto, e Jack Nicholson. Per il ruolo femminile viene scelta Sandra Knight, moglie di Nicholson. Secondo la leggenda il film fu girato in tre giorni. In realtà, come ha spiegato Jack Hill (in Cult Movies n. 13, 1995), Corman aveva ancora sotto contratto Karloff per tre giorni, ma la lavorazione del film durò addirittura quasi un anno. C'era il set di The Raven a disposizione e Corman decise (senza avvisare la AIP) di sfruttare i tre giorni di lavoro di Karloff. Al termine dei tre giorni, però, il film era incompleto e fu necessaria una sceneggiatura aggiuntiva di un giovane alle prime armi, ma dal futuro luminoso, Francis Ford Coppola. Poi Coppola ebbe altri impegni e la sceneggiatura passò nelle mani di Hill. Probabilmente Karloff non gradì il suo utilizzo per un secondo film non previsto, tanto che in seguito chiese che non si nominasse mai Corman in sua presenza... (...) Prendendosi sul serio, da vero professionista, anche in un contesto così assurdo Karloff alterna espressioni severe, sorrisi cortesi e disperazione. Ancora una volta recita con ambiguità un personaggio dall'apparenza cortese, ma che nasconde segreti e intenzioni maligne. Viceversa Nicholson dimostra una mimica facciale talmente limitata da non preannunciare il futuro glorioso dell'attore. A parte gli effetti speciali grossolani (durante l'allagamento della cripta si vedono pietre e massi posticci galleggiare nell'acqua), il film godeva di grandi colori e fotografia, un dato difficilmente percepibile nelle tante versioni fuori copyright circolate in rete e in Dvd. II film, infatti, per una vicenda di diritti, è l'unico della serie horror di Corman degli anni Sessanta che sia in pubblico dominio. Ma le copie utilizzate sono spesso scadenti o in formato del fotogramma 4:3."

(Fabio Giovannini) [1]

 

"Un film singolare che è stato fatto passare nella leggena come quello di più rapida realizzazione della storia del cinema, fatto in tre giorni per sfruttare il contratto di Boris Karloff. La realtà è ben diversa. È vero che la parte con Karloff è stata girata a tempo di record, ma il contesto ha richiesto una lavorazione di mesi per farne un film vedibile. Dopo aver girato i suoi giorni con Karloff, Corman passa il progetto a Coppola, che cerca di finirlo, con Jack Hill incaricato di ruoli tecnici minori. Dopo una serie di malintesi sulle riprese in esterni, girati in piena luce anziché con l'effetto notte, Coppola se ne va per incarichi migliori e Corman affida il progetto a Monte Hellman e Hill per mettere insieme qualcosa di commerciabile. L'ultimo giorno di riprese è di nuovo di Corman. "E questo avvenne circa un anno dopo, voglio dire che ci è voluto circa un anno per mettere insieme la cosa e hanno preso una controfigura per Boris Karloff, Dennis Jakob, che assomiglia a Boris quanto ci assomiglio io" (Jack Hill). Con tutto questo, La vergine di cera è un film che si lascia vedere, nella sua prevedibile approssimazione. (...) Stock footage a profusione, montaggio disperato e talvolta zoppicante, coerenza interna carente, stridente scontro tra esterni luminosi e realistici e interni in puro stile falso gotico: La vergine di cera è certo tutto questo. Ma è anche un film che, conoscendone le vicissitudini, risulta simpatico nella sua spavalderia e mantiene alcuni efficaci momenti gotici nel più puro stile cormaniano, nebbie basse comprese. Inoltre, la curiosità di vedere un giovane Jack Nicholson (accompagnato dalla allora moglie Sandra Knight) insieme a un'icona dell'horror come Boris Karloff rende il film interessante, al di là dei suoi meriti."

(Rudy Salvagnini) [2]

 

Jack Nicholson

La vergine di cera (1963): Jack Nicholson

 

Visto censura [3]

 

I Catoni del tempo, con molta fantasia, attribuirono al film "scene raccapriccianti", tanto che La vergine di cera, nullaostato l'11 giugno del 1964 (n. 43051), poté circolare solo con divieto di visione ai minori di anni 14.

 

Metri di pellicola accertati: 2410 (88' ca a 24 fps).

 

Sinossi estratta dal verbale allegato al nulla osta

 

Attenzione: SPOILER 

 

"André, ufficiale francese delle armate napoleoniche, è rimasto separato dal suo reggimento. Mentre stanco ed assetato percorre una strada sul mare per ricongiungersi ai suoi, incontra Hélène, una meravigliosa fanciulla che lo disseta ad un ruscello e poi scompare. Un falco lo assale per accecarlo; sviene e trasognato si trova nella capanna di una vecchia che lo cura. La megera ha un servo, Gustav, il quale spiega ad André che Hélène è stata solo una apparizione; è tutta una strana storia, se vuole saperne di più deve recarsi al Castello del Barone Von Leppe lì vicino. André riesce a farsi ricevere e a farsi ospitare nel Castello. Viene a sapere di una vecchia storia di amore e di morte. Vent'anni prima infatti, tornato improvvisamente dalla guerra, il Barone scoprì che la moglie lo tradiva e la uccise. Da allora l'anima di lei vaga nel castello e nei dintorni apparendo e scomparendo. Dopo varie vicende si scopre che lo spirito che incarna la donna, per opera della megera, si trasforma sovente in un falco che acceca le sue vittime. La megera ha messo in atto questo perchè vuole vendicare la morte del figlio che era stato l'amante della moglie del Barone, e da questi ucciso. Alla fine il Barone muore sulla tomba della moglie mentre il mare allaga lo scantinato. André riesce a liberare Hélène dal giogo della megera ma il viso della fanciulla si dissolve come una maschera di cera e ne rimane la sola struttura ossea."

 

 

NOTE

 

[1] "Boris Karloff" (Profondo rosso edizioni), pag. 277 - 279 - 281.

 

[2] "Dizionario dei film horror" (Corte del Fontego), pag. 767.

 

[3] Dal sito "Italia Taglia".

 

Jack Nicholson, Boris Karloff

La vergine di cera (1963): Jack Nicholson, Boris Karloff

 

"Il sublime affatica, il bello inganna, il patetico solo è infallibile nell’arte."

(Alphonse De Lamartine)

 

Trailer

 

F.P. 08/06/2024 - Versione visionata in lingua italiana su Amazon Prime Video (durata: 79'06")

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