Regia di Cosima Spender vedi scheda film
La competizione tra fantini sull’anello di tufo per conquistarsi un posto nella storia del Palio, è fra tutti gli aspetti che si potevano raccontare, uno dei meno interessanti, indubbiamente una dinamica tangibile e reale che esiste, è lì, pronta ad essere raccontata, ma forse non così rappresentativa e coinvolgente. Questo deficit di partenza fa si che il film rimanga sempre sulla superficie senza mai analizzare le dinamiche soggiacenti che creano la ragione dell’esistenza del Palio stesso. E’ come prendere un oggetto e descriverne il colore e la forma, senza però analizzare i singoli processi che lo hanno portato ad avere quelle determinate caratteristiche, mentre invece sappiamo che la sfida più appassionante e bella da vedere è senz’altro quella di riuscire ad indagare e a portar fuori l’aspetto umano che si nasconde dietro all’evento e che lo tiene vivo ogni giorno. In questo documentario mancano sostanzialmente i contradaioli, i veri attori protagonisti.
Da un punto di vista però strettamente cinematografico la trama funziona. Al suo interno si ritrovano infatti tutti quegli elementi che sono necessari a costruire una narrazione come si deve: abbiamo due protagonisti, due uomini che lottano per raggiungere un obiettivo comune, una sfida adrenalinica senza esclusioni di colpi, un finale con un vincitore e uno sconfitto (se lieto o meno lo deciderà lo spettatore e/o il contradaiolo).
Cosima Spender riesce così a trasformare un documentario in una vera e propria storia di finzione, andando a ricalcare uno degli archetipi narrativi più classici di sempre, quello dell’allievo che supera e batte il maestro.
Da elogiare in toto invece l’aspetto tecnico della pellicola, esteticamente perfetta in ogni inquadratura, immagini fortemente evocative che una regia brillante e molto dinamica riesce a valorizzare al meglio, in particolare notevole il montaggio che rappresenta il vero strumento attraverso il quale si da forma e significato ai contenuti.
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