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Meadowland

Regia di Reed Morano vedi scheda film

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La recensione su Meadowland

di mck
8 stelle

Tutti i bambini, tranne uno, crescono...

 

 

MeadowLand”, scritto da Chris Rossi qui alla sua prima prova, il lungometraggio d'esordio del 2015 di Reed Morano [classe 1977, direttrice della fotografia dalla seconda metà degli anni zero (e anche qui), ad esempio per il “Vinyl” di Winter/Scorsese/Jagger, sul cui set immagino poss'aver conosciuto Olivia Wilde, e poi regista dei primi 3 episodi della prima stagione di “the HandMaid's Tale” (di cui è anche co-prodruttrice esecutiva) e di due successivi film propri, “I Think We're Alone Now” e “the Rhythm Section”], è compagno di viaggio di “Bambini nel Tempo” di Ian McEwan (mi manca la recente trasposizione BBC), con echi eterogenei e solo in parte accomunabili e coincidenti da “Nancy” di Christina Choe, “Hold the Dark” di Jeremie Saulnier, “Prisoners” di Denis Villeneuve, “Changeling” di Clint Eastwood, “Taurus” di Bas Devos (e in parte da "the Pledge" di Penn/Dürrenmatt e dall'auto-fiction di Philippe Forest). 

 


Il finale (***¼), interrotto/irrisolto/sospeso, ma telefonato, e bello/commovente, ma risaputo, che converge nell'incolto pascolo (la meadow-land del titolo) recintato c/o ciglio strada in cui si palesa l'elefante di Cechov [e a tal proposito si consideri, ad esempio, l'utilizzo un po' più sottile e calibrato che di questo dispositivo appartenente all'armamentario del colpo di scena (anti-climatico e senz'agnizione) fa Casey Affleck mettendolo in atto durante il commiato con lo spettatore in “Light of My Life”], è una caduta viscerale nel topos che, pur rientrando perfettamente nella categoria delle “conclusioni irrilevanti”, però non riesce a sciupare l'ora e mezza precedente (****½), ricca di situazioni retoriche perché realistiche ed espressioni emotive “altre”, non ri-cercate con malizia, furiosamente (as)sopite per poi essere millimetricamente destate dal loro torpore e dall'inizio alla fine (compresa) splendidamente veicolate (oltre che da un buon montaggio, di Madeleine Gavin, e da ottime musiche, di Adam Taylor, poi da Morano portato a tHm'sT) da un comparto attori, beh, magnifico: accanto alla già citata Olivia Wilde (anche co-produttrice), sempre più brava (ogni vena pulsante, ogni ruga d'espressione, ogni muscolo, nervo e osso del volto), un ottimo Luke Wilson (che qui molto probabilmente sforna la sua interpretazione migliore - con “the Royal Tenenbaums” - di sempre), e, a seguire: Giovanni Ribisi, John Leguizamo, Elisabeth Moss (“LO” chiappa sx, “VE” chiappa dx), Kevin Corrigan, Nick Sandow, Juno Temple, Merrit Wever e il giovane Ty Simpkins (l'esperimento, il surrogato, l'improbabile via di fuga, l'impossibile rinascita).

 


Tutti i bambini, tranne uno, crescono...

* * * * (¼)       

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