Regia di Joel Edgerton vedi scheda film
Edgerton - che scrive, dirige ed interpreta - fallisce su tutta la linea, consegnando un thrillerino da seconda serata estiva, visivamente sciatto e recitato senza nerbo, che fila liscio per una mezzoretta ma si ingolfa non appena cerca di affrancarsi dalla prevedibile formula del "film sul maniaco".
Simon e Robyn, coppia benestante con carriere in ascesa, si trasferiscono in una nuova e lussuosa villa a Chicago, dove l'uomo aveva trascorso la propria giovinezza. Alla prima visita nel più vicino centro commerciale incontrano Gordon, che subito rammenta a Simon la comune frequentazione dello stesso liceo. Da quel momento, però, Gordon inizia a cercare i due con sempre maggiore insistenza, mascherando dietro un comportamento gentile un'invadenza che lo porta anche ad introdursi in casa loro in loro assenza per portare doni non richiesti. Dapprima stupiti e presto spaventati dalla sua condotta, si troveranno a fare i conti con eventi passati che Simon ha nascosto e taciuto a Robyn, e che porteranno la donna ad indagare sulle zone d'ombra della personalità del marito, da questi per anni nascoste dietro un'immagine rassicurante e bonaria.
The Gift è il titolo originale dell'esordio registico sulla lunga distanza dell'attore Joel Edgerton, maldestramente modificato per il mercato italiano in Regali da uno sconosciuto: ma i difetti del film in oggetto vanno ben al di là della consueta abitudine dei distributori di prendersi evitabili licenze poetiche.
Edgerton, che oltre a dirigerlo lo ha scritto ed interpretato riservando per sé il ruolo di Gordon, fallisce su tutta la linea, consegnando un thrillerino da seconda serata estiva, visivamente sciatto e recitato senza nerbo, che fila liscio per una mezzoretta ma si ingolfa non appena cerca di affrancarsi dalla prevedibile formula del "film sul maniaco", a causa di uno schematismo che lo porta da un lato ad appiattire i personaggi e dall'altro ad inserire elementi e temi dal nulla per poi lasciarli appesi - dunque adoperandoli in maniera meramente strumentale, omettendo una contestualizzazione che sarebbe d'uopo, scordandosi di dar peso specifico ai personaggi principali e di costruire qualcosa attorno a quelli secondari, con la conseguenza inevitabile di creare tre protagonisti non solo bidimensionali ma anche soggetti a carenze dal punto di vista narrativo, e una miriade di figure di contorno che sembrano star lì solo perché lo sviluppo della storia lo richiede.
Se l'intenzione era quella di costruire un film mutevole, sfaccettato e imprevedibile, servivano attori in buona forma al servizio di uno script solido e di una regia sicura che non si accontentasse di garantire un paio di balzi sulla sedia approfittando dei soliti giochetti a base di montaggio e musica a tutto volume: ma è esattamente il contrario di ciò che accade in questo pasticcio dal sapore indefinito, nel quale troppa carne è messa sul fuoco, condita con ingredienti a caso e poi abbandonata.
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