Regia di Gary Ross vedi scheda film
I'm crying for the mother who lost her only son.
Barely 16 years survive and forced to carry a gun.
A cross the bloody battlefield. Another bravefull son.
I'm crying for the mother who lost her only son.
I'm crying for the father who lost his baby-child.
Mankind carry him of, to work his cotton field.
Says If you don't mind me boy, I whip you little high.
I'm crying for the father who lost his baby-child.
I'm crying for the sister who lost her loving man.
Killed him of in the dark of night, hung him from a limb.
Couldn't see their faces, but we know it was them.
I'm crying for the sister who lost her loving man.
I'm crying for the brother who couldn't see the light.
Burned down our cornfield, and stole our livestock.
Joined up in Rich Man’s World, when we know it was a poor-mans fight.
I'm crying for the brother who couldn't see the light.
I'm crying for the mother who lost her only son.
I'm crying for the father who lost his baby child.
I'm crying for the sister who lost her loving man.
I'm crying for the brother who couldn't see the light.
I'm crying for the mother
I'm crying for the father
I'm crying for the sister
I'm crying for the brother
I'm crying ****
Jones Utopia. Un appassionante spaccato di un’epoca, di un’età fortunatamente ormai tramontata. Un’opera rigorosa, in grado di far riflettere e di render conto – pur sinteticamente – di un’intera stagione determinante della storia americana, che ha influenzato come minimo i successivi cento anni (ma i cui scampoli, a dirla tutta, si fanno sentire pure al giorno d’oggi). Il contesto è particolare, ma i concetti universali.
E fa sempre piacere vedere al cinema un’altra epopea di ribelli in anticipo sui tempi o comunque in lotta contro i peggio abusi. Anche perché il film funziona a più livelli: si vedano la recitazione in generale ottima (particolarmente in parte McConaughey, ma efficaci pure tutti i comprimari, a cominciare da Ali); la sceneggiatura, per quanto lineare e “prevedibile”, assolutamente compatta e serrata, capace di non perdere mai di vista il punto; la fotografia plumbea o solare, cupa o accecante, che asseconda ed enfatizza perfettamente il mutare del mood nel corso della storia; le location suggestive (a cominciare dal covo nella palude).
Taluni critici americani hanno avuto a lamentarsi che Free State of Jones costituirebbe nulla più che un ennesimo esempio di “white savior narrative”, un’accusa che ovviamente non sta in piedi. Newton Knight non è affatto rappresentato come una sorta d’indefesso salvatore di neri, ma semplicemente come un uomo che vede ogni altro uomo per quel ch’è, a prescindere dal colore della pelle.
Certo, è il leader del gruppo, ma si tratta di un gruppo composito, interrazziale, all’interno del quale ognuno è chiamato a fare la sua parte e in cui “ci si salva da soli”, ex-schiavi compresi, pur tra diverse attriti dovuti al razzismo onnipervasivo anche nelle classi inferiori, che Newt tenta di sedare come può (molto interessante, a mo’ di rapida panoramica [anche del saggio omonimo al film], questa breve pagina).
E poi, tra parentesi, probabilmente sarebbe finito male malissimo già a metà film non fosse stato per l’intervento di due neri: Rachel e Moses, quest’ultimo peraltro uno dei personaggi “di contorno” capaci di rimanere più impressi nella memoria, specie in conseguenza dell’emblematico episodio del registro firme per iscriversi alle liste elettorali.
I recensori di cui sopra hanno poi avuto da ridire in merito alla fattura di un film che sarebbe privo di guizzi e sorprese e “scossoni”. Già… Si tratta di un film classico, ma non si vede perché mai questo dovrebbe essere considerato di per sé un demerito. E’ un film classico, ma affatto didascalico e, al contrario di quanto detto sempre da alcuni, men che meno confusionario: anzi, il filo del discorso non va mai a perdersi e il messaggio arriva forte e chiaro.
E sarà pure privo di “sorprese” ma per la verità la sorpresa è insita nella storia stessa, di certo poco conosciuta: ovvero, nella descrizione del “fronte interno” alla Confederazione.
In conclusione, come film storico Free State Jones tiene, avvince e soprattutto induce alla riflessione, e, di quando in quando, si dimostra pure in grado di costruire sequenze dal fortissimo impatto emotivo, strazianti, commoventi, dolenti, profonde (un paio di esempi: il segmento iniziale ruotante intorno al nipote del protagonista; l’episodio al tribunale col figlio di Moses).
Ovviamente in alcune fasi svia dalla strettissima osservanza dei fatti così come sarebbero avvenuti, ma d’altra parte quale film non lo fa? Il punto, semmai, risiede nel risultato: la riduzione operata si può definire al dunque convincente? Per chi scrive sicuramente sì.
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[Piango per la madre che ha perso il suo unico figlio/ Appena 16enne e già costretto a portare una pistola/ Su un campo di guerra insanguinato. Un altro figlio coraggioso/ Piango per la madre che ha perso il suo unico figlio. –– Piango per il padre che ha perso il suo bambino/ Gliel’hanno strappato dalle braccia e l’han portato a lavorare nei campi di cotone/ E gli han detto: “se non ti dispiace, ragazzo, ti frustiamo un po’ di più”/ Piango per il padre che ha perso il suo bambino. –– Piango per la sorella che ha perso l’uomo amato/ Gliel’hanno portato via nel cuore della notte e l’hanno impiccato/ I volti non li abbiamo visti, ma sappiamo che sono stati loro/ Piango per la sorella che ha perso l’uomo amato. –– Piango per il fratello che non ha saputo vedere la luce/ Ha bruciato i nostri campi e rubato il nostro bestiame/ S’è arruolato nel mondo dei ricchi, quando sappiamo che da sempre si tratta d’una lotta tra poveri/ Piango per il fratello che non ha saputo vedere la luce. –– Piango per la madre che ha perso il suo unico figlio/ Piango per il padre che ha perso il suo bambino/ Piango per la sorella che ha perso l’uomo amato/ Piango per il fratello che non ha saputo vedere la luce –– Piango per la madre/ Piango per il padre/ Piango per la sorella/ Piango per il fratello –– Piango…]
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