Un vecchio contadino torna nella sua casa ma è del tutto alienato dalla sua famiglia e dal villaggio in cui è cresciuto. Tra i vasti campi di canna da zucchero, il pericolo incombe da tutti i lati e il progresso industriale sta portando profonde trasformazioni al mondo della povera campagna.
Note
I silenzi prolungati, l’estetica osservante e rigorosa, i volti segnati dalla vita e questa coltre d’immobilismo costituiscono l’ossatura di un’opera rurale dove si cerca Béla Tarr, ma si trova solo la maniera. Non manca sicuramente a César Augusto Acevedo uno sguardo calibrato e convinto e qualche momento ispirato, specie nel ritratto delle tensioni domestiche, ma il suo film è incapace di affrancarsi dagli stereotipi più pedanti del cinema autoriale e terzomondista.
La morte di un uomo sta per approssimarsi senza scampo. Quella della terra già è avvenuta da tempo sotto i colpi dell'incivile incuria del mondo. Le coltivazioni di canna da zucchero bruciano senza sosta. E con loro, la regia di Acevedo fa ardere un intero sistema di valori sacrificati in nome di una lenta liturgia della vita. Unica e ineludibile.
La cronaca di una morte annunciata che contrappone e divide una famiglia di poveri raccoglitori di canna da zucchero. Gran stile registico, rigoroso e formale, per una film che riesce a celebrare una drammatica epopea di un sacrificio orgoglioso ed ineluttabile.
Un uomo percorre a piedi un ampio rettilineo sterrato. Ripreso in campo lungo, lo si vede prima defilarsi e poi letteralmente sparire dietro la nuvola di polvere generata dallo sfrecciare di un camion. È passato sì e no un minuto dall'inizio, e già il regista César Augusto Acevedo ha giustificato il titolo del proprio lungometraggio d'esordio e dato un saggio di… leggi tutto
I quattro minuti che aprono Un mondo fragile sono un manifesto d’intenti, un bignami di un esordio da festival. Esaminiamoli. In uno scenario desolante della Colombia più arretrata, un anziano contadino entra in campo attraverso un lungo pianosequenza. Lo vediamo avvicinarsi sempre più nitidamente alla distesa di canne da zucchero, unico elemento dominante dello scenario. Improvvisamente una… leggi tutto
FESTIVAL DI CANNES 2015 - SEMAINE DE LA CRITIQUE - CAMERA D'OR
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Un uomo percorre a piedi un ampio rettilineo sterrato. Ripreso in campo lungo, lo si vede prima defilarsi e poi letteralmente sparire dietro la nuvola di polvere generata dallo sfrecciare di un camion. È passato sì e no un minuto dall'inizio, e già il regista César Augusto Acevedo ha giustificato il titolo del proprio lungometraggio d'esordio e dato un saggio di…
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La morte di un uomo sta per approssimarsi senza scampo. Quella della terra già è avvenuta da tempo sotto i colpi dell'incivile incuria del mondo. Le coltivazioni di canna da zucchero bruciano senza sosta. E con loro, la regia di Acevedo fa ardere un intero sistema di valori sacrificati in nome di una lenta liturgia della vita. Unica e ineludibile.
commento di Peppe ComuneLa cronaca di una morte annunciata che contrappone e divide una famiglia di poveri raccoglitori di canna da zucchero. Gran stile registico, rigoroso e formale, per una film che riesce a celebrare una drammatica epopea di un sacrificio orgoglioso ed ineluttabile.
leggi la recensione completa di alan smithee