Regia di Francesco Ghiaccio vedi scheda film
Luca sorride solo per lavoro: il suo sogno di fare l’attore si è infeltrito come un vecchio maglione, trasformandosi in un impiego come animatore per feste, clown part time per serate di lusso. Quel sogno gli era costato, anni prima, il rapporto col padre Eduardo, uno che i sogni ha saputo metterli da parte per inseguire un posto sicuro, da intendersi in fabbrica: quella dell’Eternit di Casale Monferrato, dove si è trasferito per mantenere la famiglia. L’esordio nel lungo di Francesco Ghiaccio si incardina sullo scontro generazionale dei protagonisti e sul doppio paradosso che li lega: il futuro per cui Eduardo ha sacrificato tutto si trasforma in una trappola mortale, una malattia provocata dall’amianto che ingolfa i suoi polmoni, mentre la libertà creativa agognata da Luca trova compimento solo quando il ragazzo la declina al servizio di una denuncia sociale. Il doppio binario si riflette anche nella messa in scena, ancora acerba, di Ghiaccio, e nello script derivato da un soggetto scritto a quattro mani col protagonista Marco D’Amore: diviso fra la realtà combattiva dei cittadini di Casale Monferrato, chiamati davanti alla macchina da presa in interviste frontali, e il palcoscenico come imprevisto, salvifico posto sicuro da cui gridare la propria rabbia. Un’opera esile che tenta di coniugare la più nobile delle arti con uno dei più drammatici casi di cronaca italiani, solo a tratti elevandosi dal suo afflato didattico.
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