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Banat (Il viaggio)

Regia di Adriano Valerio vedi scheda film

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La recensione su Banat (Il viaggio)

di OGM
7 stelle

Un film "aperto", dall'inizio alla fine. Letteralmente affacciato sul nulla. Sospeso in un volo che non ha voglia di atterrare, e si trascina lento, triste, solitario, smarrito.

Basta che ci sia. è sufficiente una presenza, per riempire il vuoto. I luoghi, di per sé, non sono poi così importanti: in fondo sono tutti uguali, spazi deserti in cui lo sguardo si perde, tanto che occorre inventarsi qualcosa, per sentirsi vivi. Soli oppure in due, non fa alcuna differenza: l’altro che ci sta accanto può anche essere una percezione diversa del nostro stesso io, che magari è comunque e sempre spaesato, però nel frattempo ha cambiato il colore del proprio smarrimento.

 

Edoardo Gabbriellini

Banat (Il viaggio) (2015): Edoardo Gabbriellini

 

Edoardo Gabbriellini

Banat (Il viaggio) (2015): Edoardo Gabbriellini

 

Ivo si sradica. Si sposta per scoprire un nuovo significato di quel senso di non appartenenza: estraneo nella non-sua Bari, straniero nella sconosciuta e lontana Romania. Migra, per avere ogni volta la voglia di ripartire. Per lui il disagio è una sfida che si ripete, con tonalità variabile, donando all’aria quella rarefazione così spinta e grigia che può sembrare una veste di assoluto, una parvenza di profondità. Il film di Adriano Valerio inquadra i panorami solo per ritrarre la loro sconfinata inconsistenza. L’anonimato dell’ambiente, può anche, al contrario, essere  la visuale ristretta soffocata da dettagli trascurabili (gli angoli di una strada qualunque, il prato di un parco che non dice niente, uno ritaglio cittadino privo di identità geografica). Anche gli interni sono spogli. Esattamente come l’anima di Ivo, o quella di Clara, la sua casuale compagna di disorientamento. Spiaggiata, pure lei, sulla riva che separa l’avere dal non avere. Un lavoro, un amore, una speranza: tutto, in un attimo, si può trovare al di là di quella linea sottile e tormentata, lambita da un’onda che continua a cancellare ogni cosa, senza fare rumore, senza mutare il suo ritmo. L’oblio batte e ribatte, con assillante lentezza.  Costringe ad andare a capo, prima di aver scritto la frase. La storia avanza a suon di passi incompiuti, appena tentati, presto interrotti da una fuga, un tradimento, una vendetta. La delusione scandisce il tempo passato ad aspettare, ipotizzando cambi di rotta, sognando fuori dal presente (un film muto, una canzone di trent’anni fa, un domani che non si sa se mai arriverà). Ci vuole però una parete bianca, su cui proiettare quelle immagini immateriali che possono dare una forma definita ad una realtà senza fondo. E quella parete è l’esistenza stessa, che si specchia nei suoi fantasmi dismessi (un appartamento sgomberato, i resti di un teatro, la carcassa di una barca) per riuscire a vedersi. Ivo e Clara sono insieme. Ma anche separati. Si cercano,  ma a tratti si ignorano. Non è certo che si desiderino davvero, che si capiscano, che abbiano progetti comuni. Sono due sponde dello stesso essere fluttuante, che si adatta a qualsiasi situazione, perfino all’inutilità, e la sa trasformare in una poetica inquietudine. Questa storia non parla di altro. Non ha origini, motivazioni, obiettivi, non pretende di raccontare, spiegare, rivelare alcunché. Si limita ad attraversare gli attimi di un’attesa senza oggetto, che, forse proprio perché privi di una meta da raggiungere, si lasciano respirare fino in fondo, per quello che sono: slegati, e dunque liberi, misteriosi, e quindi magici, magari divini. Il nonsenso ha questo profumo: la sua essenza, diluita nella contemplazione pura, svincolata dalla logica del pensiero, è un acquerello che dipinge il mondo di straordinarie trasparenze. C’è chi in questo film non ha visto niente. E c’è invece chi ha visto, ovunque, quelle pennellate di luce, di nebbia, di atmosfera.  E, come in un’utopia a cielo aperto, ne  è rimasto incantato.   

 

scena

Banat (Il viaggio) (2015): scena

 

 

Edoardo Gabbriellini, Elena Radonicich

Banat (Il viaggio) (2015): Edoardo Gabbriellini, Elena Radonicich

 

     

 

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