Documentario fra il serio e il faceto sulle abitudini e sulle perversioni degli italiani in camera da letto: dal preservativo all'infedeltà, dal diaframma all'incesto, dalla prostituzione all'aborto, fino al rinnovato ruolo della donna dopo l'ondata femminista sessantottina.
L'Italia in pigiama è una sorta di mondo movie limitato però al suolo nazionale, un documentario semiserio (più semi- che serio) sulla sessualità nostrana, che non esita a mostrare apertamente quanto di fasullo e di artificioso nasconda. Ciò che ne scaturisce è insomma un film goliardico e sarcastico nei toni, che tratta la materia in oggetto con un'ampia dose di ironia beffarda in maniera tale da non poter essere preso in alcun modo sul serio. E permettersi così di andare a toccare tasti tutt'altro che abituali, anche per il peggior cinema trash del Belpaese: aborto, incesto, contraccezione, per dirne tre. C'è spazio anche per l'omosessualità e perfino per la transessualità, argomento abbastanza atipico per il periodo, e colpisce la didascalia, poco prima di raccontare per immagini l'intervento chirurgico di un uomo che diventa donna, che avverte di astenersi dalla visione il pubblico più sensibile (didascalia più che giustificata, per quanto irrituale: ma saranno poi vere quelle immagini?). Qualcosa di simile verrà riproposto da Antonio D'Agostino in Noi e l'amore (comportamento sessuale deviante), nel 1986. Vera ciliegina sulla torta e filo rosso che unisce le varie sequenze è il commento del prete superpermissivo Bernard Haring (dell'Accademia Alfonsiana, Roma), che approverebbe addirittura i matrimoni con transessuali. Musiche di Lavagnino, niente di che. Per Guerrasio - che cura anche il montaggio ed è sceneggiatore insieme a Pietro Cimatti (con la collaborazione di Umberto Simonetta) - questa è l'ultima regia, dopo avere collaborato anche con i famigerati fratelli Castiglioni, forse i peggiori mondo movie-maker di sempre. 1/10.
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