Regia di Mario Costa vedi scheda film
Figlia di un capitano, Sandra si ritrova prima schiava, per colpa di una duchessa malvagia, e poi 'Venere dei pirati', a capeggiare le imprese di un gruppo di corsari grazie ai quali riuscirà a vendicarsi della sua aguzzina.
La Venere dei pirati è un cappa & spada in linea con la produzione di fascia bassa del periodo, quando il cinema italiano poteva permettersi di sfornare a catena di montaggio con pochi soldi (e altrettante idee, purtroppo va qui riconosciuto) prodottini seriali come questo, destinati a un pubblico ridotto rispetto alle pellicole di serie A, ma comunque sufficiente a ripagare i costi dell'operazione. Indubbiamente contenuti, si diceva, come si può intuire osservando scene, costumi, confezione approssimativa e scorrendo la lista dei protagonisti, fra i quali si possono annoverare come nomi di maggior richiamo quelli di Gianna Maria Canale, Massimo Serato, Scilla Gabel, Paul Muller, Livio Lorenzon, con una parte marginale anche per Moira Orfei e ruolini per caratteristi del calibro di Franco Fantasia, Raf Baldassarre, Giustino Durano e Nando Tamberlani. Mario Costa è stato un mestierante del cinema popolare, non fra i più abili ma neppure disastroso, attivo sostanzialmente nel quarto di secolo seguente alla fine della seconda guerra mondiale; qui non è costretto a grandi sforzi per mettere insieme un lavoruccio appetibile a un audience dalle scarse pretese, ma naturalmente non può fare miracoli per una storia priva di mordente e totalmente prevedibile come questa. La sceneggiatura è opera di Nino Stresa, da un soggetto di Kurt Nachmann e Rolf Olsen (la produzione batte la doppia bandiera italiana e della Germania dell’ovest) ‘rielaborato’ (citando i titoli di testa) da Ottavio Poggi. 2,5/10.
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