Regia di Ryan Coogler vedi scheda film
Adonis "Donnie" Johnson è il figlio naturale di Apollo Creed, nato dopo la morte sul ring del padre sotto i pugni del terribile Ivan Drago e, una volta rimasto orfano anche di madre, cresciuto dalla vedova del campione di pugilato. Nonostante una brillante carriera nel mondo della finanza, la vera passione del giovane resta la boxe, coltivata in violenti incontri clandestini oltre il confine messicano. Deciso a intraprendere la carriera di pugile, dalla California Donnie si trasferisce a Philadelphia, per tentare di convincere l'ormai anziano Rocky Balboa, grande amico/nemico del padre, a diventare il suo allenatore.
La saga di Rocky è incredibile: gli elementi sono sempre gli stessi (il trionfo della volontà dell'antieroe che riscatta una vita di sconfitte, il sogno americano, il cattivo apparentemente invincibile, il declino del campione e così via), basta rimescolarli di volta in volta per ottenere un risultato che raramente è men che dignitoso. Non fa eccezione questo Creed (anche se, più che di un sequel, occorrerebbe parlare di spin-off), che inventa una seconda generazione di personaggi per girare una sorta di remake in chiave "black" del primo Rocky e costituirsi come punto di partenza di una nuova serie (nel momento in cui scrivo, in effetti, mi risulta sia in lavorazione un secondo episodio). Niente di nuovo sotto il sole, insomma, ma il film (scritto e diretto dall'enfant prodige Ryan Coogler) è discretamente appassionante e il cast è ben assortito: Michael B. Jordan e Tessa Thompson funzionano nei rispettivi ruoli ed è notevole la sfilata di (veri) pugili che fanno capolino nella trama, ma, ovviamente, la curiosità è tutta per un anziano e dimesso Sly Stallone, che lascia spesso spazio ai giovani comprimari, rinunciando a vampirizzare la scena, ma tratteggia un commovente ritratto del campione vecchio, stanco e malato.
Godibile: 7/10.
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