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The Danish Girl

Regia di Tom Hooper vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su The Danish Girl

di viacristallini99
8 stelle

Una trasformazione psico-fisica da uomo a donna attraverso la ricostruzione dalla fase inconscia del rifiuto verso se stessi, del nascondersi e poi scoprirsi agli altri ed infine della gioia di riconoscersi nel nuovo essere e avere come unico obbiettivo la volontà di raggiungerlo nel corpo e nell’anima.

La trasformazione di genere, in chirurgia, prende le mosse dal lontano 1920 allorquando, pur  consapevole dei rischi cui andava incontro, il pittore danese Einar Wegener si sottopose al primo intervento. Intorno a questo tema,  tratto quindi da una storia vera, si svolge l’analisi dell’autore alla ricerca delle motivazioni che condussero il giovane a quell’atto.  Una vasta letteratura sull’argomento, specie di tipo giornalistico, ha sviscerato fasi e componenti che sono alla base di quella scelta  e non mancano illustrazioni su tecniche e problematiche ancora esistenti dal punto di vista medico chirurgico.  Ancora oggi, tuttavia, restano insuperate molte difficoltà comportamentali e di adattamento ad un cambiamento radicale e incontrovertibile, per cui l’aspetto tecnico dell’intervento, al di là dell’interesse specifico degli addetti ai lavori,  è forse la parte più trascurabile. E’ il prima e il dopo, il difficile.   La preparazione alla trasformazione è la fase finale di un desiderio di cui l’individuo prende coscienza in un momento più o meno lontano della sua esistenza, ma che inesorabile cresce tra dubbi ed incertezze per poi esplodere nella totale consapevolezza.  E’ una fase breve o lunga ma indubitabilmente dolorosa, cupa, a volte rasserenante, a volte esaltante o terrificante.  E’ un processo di chiarimento e di dialogo con se stessi alla ricerca della verità.  E’ anche un percorso all’indietro che, partendo dalla ricerca delle origini della trasformazione, ricostruisce le fasi inconsce del rifiuto verso se stessi, del nascondersi e poi scoprirsi agli altri ed infine della gioia di riconoscersi nel nuovo essere e avere come unico obbiettivo la volontà di raggiungerlo nel corpo e nell’anima.  Questa è l’analisi percorsa dall’autore e mirabilmente interpretata sulla scena da un attore drammatico di prim’ordine (Redmayne) che ha già superato ogni test di bravura sia in teatro che sul set cinematografico. Tom Hooper, inoltre, è quel professionista certosino che si è conquistato le grazie della regina Elisabetta come regista accreditato dalla corona.  La svedese, Alicia Vikander è la bella pittrice che accompagna il marito in quel percorso di liberazione da dubbi e condizionamenti esterni che lo porterà pian piano ad entrare nel personaggio femminile ed a costruire la propria femminilità. Cosa resterà nel tempo di questo film? Certamente l’interpretazione di Eddie Redmayne.  Il suo sguardo basso e sfuggente, il sorriso sommesso e pudico è la rappresentazione più autentica e veritiera della giovinetta che scopre la propria sessualità. Di fronte all’uomo che dapprima inconsciamente e poi con lucidità riconosce come genere opposto, cede all’inesorabile attrazione.  In un confronto aperto con la moglie, affronterà il disagio delle prime confessioni; poi, ben presto, quel diffuso senso di colpa si trasformerà in un compiaciuto processo di conoscenza del personaggio femminile che è dentro di sé  e incomincerà, quindi, a prendersene cura; a difenderlo dai tentativi di sopraffazione provenienti dal mondo esterno e dal suo stesso intimo che, con estremi sussulti, vorrebbe donare alla donna che ha amato da uomo, l’illusione di un amore virile che non c’è più.  Alla fine, si chiude nella propria intima condizione di donna e, convinta di aver compiuto il proprio dovere verso la vita, si accomiata dal mondo e va incontro serenamente al proprio destino.     Spirito libero, alla conquista di pari opportunità, Gerda è la suffragette di nuovi spazi conquistati dalle donne in quell’epoca fervida di cambiamenti: dalla libertà nel vestire a quella delle frequentazioni maschili, ma sempre con l’attenzione alla propria dignità di donna e soprattutto di moglie.  Decanta a tutti il suo amore per quel marito schivo e chiuso nel personaggio di artista cupo e monotono (solo paesaggi tristi ed inanimati) ma che sa affrancarsi nell’intimo della coppia con un sano ménage fatto di sesso, di delicati sentimenti e di rispetto verso di lei.   La pittura di Gerda, al contrario di quella del marito, è rivolta a personaggi umani ed è alla ricerca di un soggetto che sappia ispirare quel nuovo modello di donna che si affaccia sulla scena sociale.  I suoi personaggi femminili sono, infatti, ancora del tutto convenzionali e non riescono perciò a dare quel quid espressivo che possa interessare un mercato dell’arte sempre più esigente e raffinato.  Così, per gioco, chiede al marito di indossare abiti femminili con l’intento di trovare nuove ispirazioni.  L’effetto è immediato: la pittrice coglie subito il fascino che promana da un’interpretazione androgina della femminilità. Quel volto, quello sguardo, quell’espressione, sono l’immagine accattivante di un essere misterioso, a cavallo tra maschile e femminile e forse, proprio per questo, opportuno rappresentante di una Venere alla conquista degli spazi dapprima occupati da soli uomini. Così, a causa di questo gioco di travestimento, Einar scopre la propria nuova natura.  Da quel momento inizia il percorso che lo porterà dalla ricostruzione del suo passato -col riconoscimento dei segni premonitori del suo divenire di donna- al vano rifiuto di quella condizione ed infine all’accettazione. Di quegli abiti femminili non saprà più fare a meno e quando la moglie lo introdurrà in società, fingendo che sia Lilli, la cugina di Einar, finirà per vivere uno sdoppiamento di personalità al quale la moglie dovrà tenere gioco per il suo bene. Accompagnando Lilli nell’ultimo viaggio che la porterà all’intervento, Gerda troverà che in lei la trasformazione psichica è stabile e completa. La vedrà morire serenamente da donna, appena dopo averne acquisito il corpo.

Malgrado il finale, il film resta privo della tragicità annunciata ed assume la veste di una dolce storia di amore universale e di dignità. Cosa che a molti, inclini ad un voyerismo diffuso sull’argomento o alla ricerca di estremismi psichici simili alla follia, non è piaciuto e ne hanno banalizzato il contenuto. 

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