Trama
Nel luglio 1982, André Bamberski apprende della morte della quattordicenne figlia Kalinka, avvenuta mentre era in vacanza in Germania con la madre e il patrigno. Rapidamente, le circostanze spingono André a nutrire diversi sospetti sul decesso, tanto più che l'atteggiamento del patrigno, il dottor Krombach, gli appare insolito e il referto dell'autopsia approssimativo. Convinto della responsabilità dell'uomo, Bamberski inizia una lunga lotta per la giustizia che andrà avanti per 27 anni e diventerà l'unica ragione della sua vita.
Approfondimento
IN NOME DI MIA FIGLIA: UN CALVARIO GIUDIZIARIO LUNGO TRENT'ANNI
Diretto da Vincent Garenq e sceneggiato dallo stesso regista con Julien Rappeneau, In nome di mia figlia si basa su una storia vera accaduta nel luglio 1982 in Germania. Mentre trascorre le vacanze estive nella nuova casa della madre in Germania, la quattordicenne Kalinka Bamberski viene ritrovata morta. Le strane circostanze della morte, legate a un tentativo di stupro, portano tutte a Didier Krombach, il carismatico e bel dottore con cui la madre si è rifatta una vita, ma una strana congiura silenziosa tende quasi a proteggerlo. André Bamberski, padre di Kalinka, non si arrende però di fronte all'evidenza e inizia una lunga lotta per la giustizia. Solo contro il parere di medici, giudici, ex moglie e ragione di Stato, con la sua determinazione non si fermerà di fronte ad alcun ostacolo o limite per assicurarsi la condanna dell'assassino della figlia.
Con la direzione della fotografia di Renaud Chassaing, le scenografie di Jessica Labet e Delphine De Casanove, i costumi di François Abelanet e le musiche originali di Nicolas Errèra, In nome di mia figlia viene così raccontato dal regista: «Conoscevo la storia di Kalinka e ho comprato il libro autobiografico di André Bamberski, lasciandomi travolgere dall'emozione. L'ho letto in una sola notte e in me è maturata la decisione di una trasposizione cinematografica. Ero sbalordito dalla sua perseveranza e dalla sua ostinazione. Per trent'anni, non ha mai mollato la presa, ha combattuto come un pazzo per ricercare la verità e ottenere giustizia, è divenuto più esperto in materia giudiziaria dei suoi stessi avvocati e ha avuto la meglio sull'immobilità della giustizia francese e tedesca. Nessun ostacolo è riuscito a fermarlo e ciò lo rende al pari di un eroe. La sua è una vicenda molto cinematografica ma è anche la storia umana di un padre che, come tutti noi, desidera solo il meglio per i propri figli. La paternità è un argomento ricorrente nei miei film, così come il fatto che tutte le mie opere sono ispirate a personaggi realmente esistiti: la sincerità e la purezza che emanano le storie vere mi attirano irresistibilmente e mi ispirano. Le vite degli altri mi danno il là per la scrittura risvegliando in me particolari sensazioni. Credo anche che la realtà sia qualcosa di molto stimolante per la scrittura: del resto, si dice che la vita sia più strana della finzione. I soggetti originali spesso finiscono per non piacermi: troppi fatti e, spesso peggio ancora, troppi riferimenti cinefili. Mi interessano solo le storie che trasudano di vissuto.
Tutte le sequenze fondamentali di In nome di mia figlia sono descritte già nel libro di Bamberski. L'autopsia, la riesumazione del cadavere di Kalinka o la testimonianza della ragazzina violentata da Krombach in Germania sono scene molto forti ma ispirate, purtroppo, dalla realtà. Ovviamente, ho dovuto fare una cernita degli eventi che si sono susseguiti in trent'anni: ho puntato a quelli essenziali per evitare di perdere tensione. Oltre a incontrare Bamberski, ho conosciuto anche la madre della piccola Kalinka, che mi ha fornito la sua versione dei fatti. Anche se André non era d'accordo con le sue parole, era corretto che esistesse nel film anche l'altro punto di vista per sollevare questioni comunque importanti, come ad esempio il diniego della donna di accettare una verità difficile da comprendere».
In In nome di mia figlia André Bamberski ha il volto di Daniel Autiel, la moglie Dany è interpretata da Marie-Josée croze mentre il carnefice Dieter Krombach è portato in scena da Sebastian Koch.
Trailer
Scrivi un commento breve (max 350 battute)
Attenzione se vuoi puoi scrivere una recensione vera e propria.
Commenti (9) vedi tutti
Victor Garenq gira un film altamente drammatico alla Cayatte. Daniel Auteuil in una delle sue più intense partecipazioni. In nome di mia figlia da vedere.
leggi la recensione completa di claudio1959Film drammatico basato su una storia vera.. regia e interpretazione molto buona.. la tensione rimane alta fino alla fine.. storia terribile fra parentesi.. voto 8
commento di nicelady55Ispirato ad una storia vera, è un solido dramma umano e giudiziario.Bella prova attoriale di Daniel Auteil
leggi la recensione completa di Furetto60La storia straziante di un padre, che usa 30 anni della sua vita per avere (parziale) giustizia per l'omicidio di sua figlia. Ci lamentiamo della giustizia italiana, ma anche quella francese non scherza. Auteuil, invece, da parte sua, è garanzia di cinema di qualità, impegnato ed efficace ("L'avversario", a suo tempo, mi sconvolse). Voto 7.
commento di ezzo24Film molto profondo anche se sbrigativo, forse dura troppo poco per un argomento del genere. Fatto veramente drammatico, povera bambina
commento di Utente rimosso (arwen88)Storia un po' altalenante e noiosetta in vari passaggi e delude abbastanza nella totalita'.voto.5.
commento di chribio16/7 voto oggettivo /soggettivo Livello semplice.,quasi televisivo, ma la tematica è molto interessante, ben descritta
commento di paolofefeBellissimo film e grande Daniel Auteil, un attore che stimo da tantissimo tempo. Per chi non l'avesse visto, consiglio anche "L'Avversario" sempre con un Auteil in splendida forma, e film, anch'esso basato su una terrificante vicenda di cronaca accaduta realmente.
commento di RinoC63Una morte inaspettata, impossibile da accettare, tanto più quando le circostanze non consentono di avere risposte chiare ed accettabili. Il calvario di un padre per arrivare alla verità durerà 30 anni. Il film ne scandisce le tappe in modo pedestre e senza alcun polso registico, senza stile e con una pedanteria disarmante ed irritante.
leggi la recensione completa di alan smithee