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Shelley

Regia di Ali Abbasi vedi scheda film

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La recensione su Shelley

di maghella
8 stelle

Finalmente un ottimo horror...che vien dalla Danimarca.

Louise e Kasper sono una coppia di coniugi che vive da qualche tempo in una casa isolata nelle campagne danesi. Per una scelta di vita semplice e spartana, si sono privati di qualsiasi tipo di comodità: acqua, elettricità, telefoni cellulari, computer e tv sono banditi dalla loro quotidianità. I due provvedono a loro stessi grazie alle colture del loro orto e alle galline del pollaio. La coppia decide di prendere un aiuto per i numerosi lavori domestici, e chiamano una giovane ragazza ungherese, Elena. Elena non si lascia intimorire dal duro lavoro, è forte e vuole racimolare al più presto una cifra di soldi sufficienti per comprarsi una casa nel suo paese dove andare a vivere con il suo bambino di 5 anni, che momentaneamente ha lasciato a Bucarest dai genitori. Tra Elena e la coppia si instaura subito un ottimo rapporto, soprattutto con Louise, più grande di lei di qualche anno. Louise le confida che non può più avere figli: dopo numerosi aborti le hanno dovuto asportare l'utero, ma è riuscita ugualmente a surgelare alcuni ovuli prima di questa terribile operazione. La donna chiede ad Elena se è disposta ad affittare il suo utero per una gravidanza, in modo da farla diventare finalmente madre. Elena accetta, non solo allettata dalla compensa, ma anche perché crede che Kaspar e Louise possano essere effettivamente dei buoni genitori. Le prime settimane di gravidanza passano serene senza troppi problemi per la nuova anomala famiglia, ma ben presto il corpo di Elena inizia a cambiare e con lui anche l'umore della ragazza. Malesseri strani, rumori, incubi e umori altalenanti fanno preoccupare la giovane madre, che inizia a pensare seriamente che ci siano problemi con il feto.

 

Cosa rende speciale questo horror che sulla carta non ha nulla (o quasi) di originale? Sicuramente l'atmosfera surreale e angosciante che fin dalla prima immagine il giovane regista ci propone. L'ambientazione che dovrebbe essere quella serafica scelta da Kaspar e Louise, allo spettatore appare come quella del famoso quadro “L'isola dei morti” di Arnold Boklin, c'è infatti sempre una contrapposizione tra quello che i protagonisti vivono e quello che allo spettatore appare, che crea quello squilibrio necessario a provocare un senso di fastidio sempre più crescente man mano che la storia prende corpo. Ed è il corpo il vero protagonista del film: il corpo di Elena che si trasforma e il corpo della bambina nel suo ventre che piano piano prende forma e anima.

Se solitamente nei film in cui vengono narrate gravidanze malefiche o malate, difficilmente si assiste al post nascita, in questo caso si fa una eccezione. Shelley (il nome della nascitura) non rimarrà un'entità priva di immagine, ma si rivelerà in tutta la sua perversione.

Non mancano scene pesanti e di effetto, ma sono poche, veramente poche; il regista predilige la strada dell'emotività e dell'empatia con la giovane Elena, piuttosto che agli effetti speciali di grande impatto e questa è una scelta che da un punto in più al film. L'angoscia e il malessere di Elena si percepisce minuto dopo minuto, e un semplice bagno nella vasca diventa una scena quasi insostenibile per la forza di angoscia contenuta. Elena firma un patto accettando di portare avanti la gravidanza per conto di Louise, pentirsene dopo poco non la salverà. Una dura critica sociale verso le scelte sulla forzatura alla natura? La scienza non può sostituirsi dove la natura non riesce? Louise e Kaspar avevano impostato tutta la loro esistenza su una vita ai ritmi naturali, cercando di rimanere fuori dal caos della vita moderna. Eppure non si fanno troppi scrupoli a forzare una maternità per loro impossibile da ottenere naturalmente, pagando un utero disponibile e scongelando gli ovuli di Louise. Un horror che finalmente riesce ad essere profondo e non scontato, che pone delle domande e crea il necessario malessere a renderlo degno di questo genere.

Prima opera del regista Ali Abbasi, che dimostra di avere le idee chiare su cosa vuole raccontare e soprattutto su come lo deve fare.

 

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