Regia di Christian Vincent vedi scheda film
Scorrendo la carriera cinematografica di Fabrice Luchini e prendendo in esame la personalità dei personaggi portati sullo schermo dall’attore francese si fatica a ricordare una tipologia umana diversa da quella appartenente a Michele Racine, il presidente della corte d’assise che impariamo a conoscere nel corso degli avvenimenti che scandiscono il nuovo lungometraggio di Christian Vincent, "La corte", di cui Luchini è assoluto protagonista. Imperniato sulle sedute del processo a un presunto infanticida il film racconta il quotidiano dell'uomo, diviso tra le procedure dibattimentali all’interno dell’aula e le serate trascorse nella camera d’albergo in cui si è trasferito dopo la separazione dalla moglie. Uno scarto, quello tra pubblico e privato, che ben presto diventa lo specchio di una duplicità caratteriale evidenziata dalla straordinaria padronanza con cui Racine presiede le attività legate al suo incarico, alle quale il regista oppone in una sorte di contrappasso l’inadeguatezza esistenziale dello stesso, meschino e impacciato quando si tratta di dare corso alla normalità più prosaica dell'esistenza.
Detto che come spesso ai tipi umani incarnati da Luchini anche questo è destinato a risolvere le proprie idiosincrasie grazie all’intervento provvidenziale di una figura femminile che La corte gli serve su un piatto d’argento, essendo la donna in qustione uno dei membri della giuria del processo a cui Racine è stato assegnato, il film di Vincent si serve della maschera attoriale del suo interprete per rappresentare una commedia umana di miserie e nobiltà a cui oltre al protagonista partecipano in diversa misura imputati e testimoni chiamati a raccontare la propria fetta di verità nel corso delle varie udienze. In questo modo il film oltre ad essere l’indagine su un cittadino al di sotto di ogni sospetto, tanto è conclamata la disistima che di Racine hanno conoscenti e colleghi, diventa anche il ritratto di un microcosmo che alla maniera di Simenon il regista racconta facendo risalire le ragioni del delitto all’analisi psicologica e sociale dell’ambiente in cui si è verificato. E se la riproduzione del consesso umano è ricco di sfumature e da modo alla storia di ampliare gli orizzonti del suo sguardo è anche vero che gli inserti processuali faticano a inserirsi con altrettanta armonia nel flusso narrativo che, per questo motivo, risulta a tratti un po’ macchinoso. Presentato nel concorso ufficiale della 72 edizione del festival di Venezia"La corte" ha vinto il premio per la migliore sceneggiatura andata allo stesso Vincent e quello per il miglior attore, meritatamente assegnata a Luchini.
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