Regia di Giuseppe Sansonna vedi scheda film
Tra i documentari che, da una trentina d'anni a questa parte, hanno cominciato a diffondersi in sala o in dvd, dedicati ad attori più o meno importanti (Riso in bianco, su Moretti; Mi ricordo, sì io mi ricordo e Marcello, una vita dolce, entrambi mirati a ricordare l'immenso Matroianni; Come inguaiammo il cinema italiano, sulla comicità di Franchi e Ingrassia; Un attore contro, straordinario e imprescindibile ritratto di quel gigante che fu Gian Maria Volontè; Un principe chiamato Totò; Ritratto di mio padre, dedica di Maria Sole a Ugo Tognazzi; Una vita da mattatore, con ovvio riferimento a Gassman; Francesco Nuti... e vengo da lontano, documentario che segna il triste passaggio di Nuti dal successo alla malattia; Carlo!, omaggio a Verdone; Alberto il grande, doc nel quale lo stesso Verdone ricorda a sua volta il Maestro Sordi; Tutte le storie di Piera, in cui il riferimento onomastico è alla Degli Esposti), quello dedicato a Tomas Milian è senz'altro uno dei peggiori. Si tratta di un'oretta di intervista montata in due occasioni diverse, durante la quale l'attore cubano, rientrato in patria dopo una lunghissima assenza (era andato via nel 1956) e una carriera cinematografica spesa tra l'Italia e gli Stati Uniti, si racconta con piglio narcisista alla macchina da presa di Giuseppe Sansonna, anch'egli quasi sempre davanti allo schermo. Quell'uomo, oggi segnato dagli acciacchi del tempo e claudicante, tra gli anni settanta e gli anni ottanta conobbe un successo spropositato come interprete di B-movies ad altissimo tasso coprolalico in cui interpretò il commissario Monnezza (doppiato sempre dall'indimenticabile Ferruccio Amendola) sotto la regia di Bruno Corbucci. Ma Milian fu attore impegnato per Antonioni, Bertolucci, Bolognini, Cavani, Damiani, Lattuada, Maselli, Pollack e Spielberg. Di tutto questo il documentario parla appena tangenzialmente, non ricorrendo neppure a una sola immagine di repertorio. Preferisce piuttosto scivolare su note strettamente autobiografiche e personalissime: il difficile rapporto col padre autoritario, la bisessualità dichiarata, lo sperpero della fortuna accumulata. Un vero peccato, perché un attore che è stato capace di oscillare continuamente tra le vette del cinema d'autore e i bassifondi di quello più triviale avrebbe meritato una lettura un minimo più approfondita.
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