Regia di Pier Paolo Pasolini vedi scheda film
Trasposizione fedele del Vangelo di Matteo (cioè, non a caso, di quello che allora veniva ritenuto il più aderente al messaggio originario, lontano dalle costruzione teologiche di Giovanni), dall’annunciazione alla resurrezione. In un certo senso Pasolini compie un’operazione opposta a quella dei primi due film: non trasferisce forzatamente elementi cristologici nel mondo dei sottoproletari della periferia romana, ma introduce i suddetti sottoproletari fra le pagine evangeliche (resta discutibile solo la scelta narcisistica di affidare il ruolo della Madonna alla propria madre). Il risultato è il migliore dei suoi lungometraggi: un film rigoroso e scabro, esteticamente agli antipodi rispetto alle omologhe versioni hollywoodiane firmate anche da registi capaci (es. Il re dei re di Nicholas Ray). Certo, resta sempre il punto di vista di un laico, che implica un sottile tradimento del testo: Cristo è visto come un rivoluzionario, non come il latore di una speranza di vita ultraterrena.
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