Regia di Claudio Caligari vedi scheda film
Uscire dal mondo della droga è difficilissimo.
E' uno spaccato della criminalità - per lo più piccola, ma con qualche occhiatina sulla grande - che regna nel sottobosco urbano di Ostia, la quale potrebbe però essere cento altri luoghi del centro-sud. Lo sguardo e la descrizione dei personaggi, sempre a metà tra il crudele e l'umano, ricorda abbastanza quelli di Pasolini: quasi tutti sono criminali, ma nessuno è completamente cattivo, egoista, spietato, ecc. In tutti c'è un angolo di bontà e un desiderio, seppure passeggero, di bene. E' una prospettiva discutibile, ma che è indubbiamente vera in almeno una parte dei casi.
Lo stesso si può dire dei singoli personaggi: bazzicano nel malaffare (soprattutto spaccio e assunzione di stupefacenti), ma hanno in misura diversa il desiderio e la capacità di condurre una vita onesta e pulita. Però nessuno, ahimè, ce la fa veramente. I gorghi del guadagno facile, della striscia di coca e della pasticca risucchiano fortissimo, ed è molto difficile resistervi per sempre. Neppure chi sta ai margini, chi se ne sta a casa, o i giovanissimi rimangono indenni dai riflessi e dalle conseguenze della vita spericolata dei protagonisti. Si va dal dolore innocente di una bambina, alla sofferenza innocente di una madre che ha avuto troppi lutti (o forse anche colpe?), a un disagio sociale generalizzato.
E' un film molto ben interpretato e diretto con sincera ispirazione, ma la regia è praticamente invisibile e senza tecnicismi, perché sempre dedita seguire i personaggi. Non c'è mai il campo lungo, l'inquadratura dell'ambiente, o particolari vedute sulla cittadina, ma solo e sempre appunto i personaggi. L'ambientazione, comunque, è la più squallida e anonima periferia o area suburbana, sempre molto quotidiana e quasi banale.
Mi viene in mente "La capa gira", pellicola con più di qualche somiglianza a questa; ma mentre quella mi ha lasciato dentro una sensazione sgradevole, perché è in realtà prfondamente cinica, questa non rinuncia mai agli squarci di umanità, di amicizia, e di speranza, benché i personaggi siano immersi nella fogna della droga quasi fino al collo.
Ho trovato anche originale e indovinata l'idea dei percorsi narrativi interrotti, non perché dimenticati o abbandonati, ma lasciati cadere come anche la vita vera abbandona una situazione che sembrava già cominciata: penso all'episodio dell'etto di coca preso dai grandi trafficanti e la tentata vendetta ai drogati che hanno lasciato la siringa sulla spiaggia. Mi è piaciuta anche l'allucinazione da pasticca.
Mi manca da vedere il citatissimo "Amore tossico", ma cercherò di provvedere.
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