Regia di Claudio Caligari vedi scheda film
Cesare, Vittorio, lo spaccio, le piccole truffe. La vita violenta, una nipote con l’AIDS, la miseria, la coca, il bar di Accattone. Le rovine, con forme commoventi d‘amore. Ostia che è tutti i peccati del mondo, il limite del loro linguaggio, Ostia che è i confini del futuro che sognano. «Non guarda’ ‘r mare, Cesare, sinnò te vengono i pensieri». Lavorare stanca, non mantiene: ci si barcamena con piccoli affari sporchi, poi si sperpera, per dimenticarsi. La droga è la società del consumo, letteralmente. E Caligari guarda i corpi scomporsi, accesi e bruciati dalla cocaina, tesi tra quello che possono e quello che vogliono, insieme frenetici e sfiancati dalla scelta, tra le strade illegali di sempre e una redenzione sempre a un passo dall’essere perduta. È un quadro pasoliniano aggiornato e sformato dalle «spaventose accelerazioni» di L’odore della notte, questo Non essere cattivo: anagramma di Amore tossico e romanzo criminale umanista, inferno iperrealista che non assolve nessuno, lo spettatore per primo. Perché è chiaro che Caligari conosce la misura esatta della parte bassa del mondo romano, ma non ci fa lavare la coscienza nei panni dei suoi protagonisti: non spiega Cesare e Vittorio, non li usa come dispenser d’emozione. Ce li fa guardare da vicino, ci chiede di comprenderli, fino a che - da quel che sembra opaco, disperato e grottesco - non esce il vero, tremante. Nota a margine: Marinelli si dimostra per quello che è. Ovvero, oggi, il miglior attore italiano.
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