Parole in sovraimpressione che scorrono e vengono spazzate via dal tergicristalli in movimento.
Poi ancora inquadrature ferme, ancora tante piogge, ancora lunghissimi, infiniti, camera car che mostrano il nulla.
Ecco, mi vado a vedere un'opera prima cipriota, nata magari, che ne so, per osmosi con il boom del vicino cinema greco.
Me le cerco proprio, poi non ti lamentare se ti vedrai un film di 10 inquadrature in cui nulla succede.
Poi accade invece qualcosa, il protagonista, che aveva ricevuto un passaggio su un furgoncino, viene fatto scendere.
E si trova nel punto d'inizio.
Gli passano accanto le stesse macchine, la stessa moto.
Una spia nel cervello mi si accende, questo film ha un suo perchè.
E parte così la vera pellicola, una piccolissima opera esistenziale profondamente colta, forse coltissima, ma che ha il grandissimo pregio di non sembrare mai arrogante nel porsi.
In punta di piedi, con modestia e umiltà porta avanti il suo percorso.
Ed è un percorso interessantissimo, quello di uno dei film che mi ha richiamato più pellicole, tutte belle, tutte importanti , nessuna banale.
Impressions è il racconto di un uomo che si risveglia in una specie di bassa marea, su una brutta spiaggia.
Un uomo che non ricorda niente di sè, in un incipit che ricorda tanto l'Uomo senza Passato di Kaurismaki.
Vaga per le strade, arriva in città, cerca informazioni, si appunta delle cose, prova a ricostruire il ricordo di quello che era.
Ma non serviva certo lo splendido titolo a farci capire quello che stava diventando il segreto di Pulcinella ("ti prego" mi dicevo "fa che non sia questo il colpo di scena"), perchè tutto viene svelato subito.
Quest'uomo è morto, suicida.
E' un poeta che ha abbandonato la ragazza incinta e per motivi non meglio precisati (anche se il fatto di essere un poeta ci lascia immaginare una dannazione interiore insostenibile) ha commesso suicidio, come dicono quelli bravi.
E ogni anno torna per vivere gli ultimi due giorni, gli ultimi momenti precedenti all'uccidersi di nuovo.
Impressionante come ad ogni scena mi sia venuto in mente un film diverso. Questo accade spesso con i film di "testa", specialmente quelli ben fatti.
C'è il tentare di ricordare di Memento, c'è la sensazione del lucido sogno di Apri gli occhi, c'è la reiterazione ad libitum di
Triangle o
Timecrimes (e nessuno mi leva dalla testa che questo non sia un film sull'inferno, visto come eterno ripetersi delle cose e del dolore, punizione, forse, per aver distrutto quella cosa così grande che è la propria vita), c'è un pò di Truman Show in quelle altre persone che sembrano, anzi, sono, attori di quello che è solo e soltanto il tuo film, c'è tantissimo di quel capolavoro di
Una pura formalità. (con una scena praticamente identica), c'è persino, e nemmeno tanto nascosto, un riferimento a
Synecdoche, al suo esistenzialismo, al suo veder rappresentata la propria vita essendo allo stesso tempo attori e registi di essa.
E ancora più forte ad un certo punto, quasi impressionante, è il richiamo a L'Uomo duplicato di Saramago.
Questo film è una mise en abyme continua, è una vita dentro una vita, è un film (il dvd) dentro lo stesso film, e se qualcuno aveva dei dubbi in questa lettura basta vedere il finale.
C'è la sensazione che lui non esista, che tutto il film sia solo e soltanto una proiezione mentale infinita di un uomo allo stesso morto e morente, come una specie di gatto di Schroedinger.
La magnifica scena della fototessera lo dimostra,
Lui non è carne e ossa, lui non è materia, ma esclusivamente i suoi ricordi.
E non sono neppure i ricordi di una vita, ma soltanto quelli dei luoghi e dei momenti appena precedenti alla morte.
Impressions è un film particolare, perchè della vita non parla proprio.
Parla, semmai, solo della morte e del disperato tentativo di un uomo di uscire da un loop infernale. Ma il paradosso è che questo loop non è solo dannazione ma anche tentazione, voglia che tutto ciò vada avanti, sia per sè sia per le persone che gli hanno voluto bene.
Perchè così, in questo modo, possono riviverlo ancora e ancora, per sempre.
Difficile dare significati sicuri, difficile riuscire a captare tutta la cultura e profondità del testo.
Una specie di film pirandelliano che gioca col cinema, con il concetto di ruolo, con quello di attore, con quello di rappresentazione.
La sequenza dei poeti suicidi, kitsch come poche altre, è comunque una scena cult già in partenza, un corto circuito affascinante.
Un film che pone un dilemma difficilissimo da rispondere.
Vuoi ancora che accada?
Perchè quella che tu credi vita, quello che tu vedi come carne e ossa in realtà non è vita.
Ma sono luoghi in cui nessuno, se non il tuo pensiero, continua a passare, soltanto rumori.
Ferrovie, prati, spiagge dove quello che eri prova ancora a sentirsi vivo.
Ma questo brevissimo film di 2 giorni, questo film che però dura da 85 anni, ha sempre e soltanto un'unica fine.
E questa fine è l'inizio, è una macchina con dei tergicristalli che spazzano via parole.
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