Regia di Pål Sletaune vedi scheda film
Thriller psicologico, del regista scandinavo " Pal Sletaune" Ambizioso e contorto. Così, così
John, giovane impiegato, è stato scaricato dalla sua donna Ingrid, che ormai convive con un altro uomo, a seguito di un increscioso episodio. La ragazza un giorno era rimasta ustionata dal caffè che (forse) lui le aveva artatamente versato addosso. Prima di portarla all’ospedale John l’aveva obbligata ad un violento amplesso, eccitato dal dolore di lei. Un giorno, al suo rientro John incontra le sue due sexy vicine di casa, mai viste prima. Anne, che con la sorella Kim vive nell'appartamento accanto al suo, con una scusa viene condotto nella loro casa. Le ragazze hanno un atteggiamento ambiguo, tra il provocatorio e il seduttivo, conoscono i dettagli della sua storia con Ingrid, e lo scherniscono senza riguardo, sconcertato ma irretito dagli atteggiamenti ammiccanti, e subdolamente aggressivi delle due, John comincia a frequentare il loro appartamento e qui comincia una sorta di trip, un incubo senza fine, tra sesso estremo, con tanto di botte fisiche e psicologiche. Il percorso nella loro casa diviene un claustrofobico viaggio in un infernale girone Dantesco, all’interno nella sua stessa anima, metafora di un labirinto soprattutto mentale, in una dimensione altra dove realtà e allucinazione, si mescolano e confondono. L’abitazione è una struttura costituita da un’infinita teoria di porte, serrature, armadi spostati ed oggetti accumulati. I corridoi si allungano, le stanze cambiano posizione e a un certo punto compare anche il neofidanzato di Ingrid che bacchetta pesantemente John. Ma alla società dei telefoni il numero di Anne e Kim non risulta E il suo amico Peter gli dice che, su quel piano, abita solo lui e allora cosa sta succedendo? se lo chiede lui e ce lo chiediamo noi. “Naboer” appartiene al filone del thriller psicologico di ispirazione hitchcockiana, strizza l’occhio a Lynch e soprattutto alle atmosfere stranianti di Polanski. Tuttavia resta lontano anni luce dai maestri, che lo hanno ispirato. Il film è sia un dramma psicologico, che un thriller erotico, dove eros e thanatos, sono il leitmotiv del film e la chiave di volta, per risalire all’origine della follia del protagonista. Il regista scandinavo confeziona un prodotto freddo, ma intriso di sottile fascinazione e perversione, tuttavia a mio modesto avviso, indugiando troppo nel cambiare spesso scenario e confondere lo spettatore, attraverso un’audace commistione tra realtà e delirio, da cui si esce e si entra, senza riuscire a leggere bene i momenti dello “scarto” narrativo. Sletaune anche se abile con la macchina da presa, si ha l’impressione che, di tanto in tanto, perda le coordinate della soggettiva, condisce la breve trama con la musica di Simon Boswell, veterano di horror e regala una macabra e scioccante sequenza finale che funziona da sutura definitiva, ma che agli occhi degli esperti cinefili, non risulta particolarmente sorprendente.
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