Regia di Giuliano Biagetti vedi scheda film
Non fosse per Mario Adorf e per i suoi comprimari (una piuttosto scialba Barbara De Rossi, comprensibilmente poco entusiasta di un ruolo tanto insipido, e Jean-Pierre Cassel, che ha fatto ben di meglio nella sua lunga carriera), questo Vado a riprendermi il gatto sarebbe riuscito a passare perfino più inosservato di quanto già sia riuscito a fare così. Biagetti non è certo un nome di rilievo e questa è una delle sue poche occasioni per farsi valere, con una produzione dignitosa alle spalle (c'è anche la Rai); purtroppo sceglie una storia davvero insulsa, con una sceneggiatura firmata insieme a Piero Pierini (chiunque egli sia), che permane per cento minuti di una prevedibilità scioccante. Ecco quindi che l'esito finale è quello di una commediola sentimentale di ambientazione rurale, dai dialoghi banalissimi e con un mucchio di personaggi profondamente stereotipati; sul romagnolo messo in bocca a questi ultimi, poi, meglio stendere un velo pietoso (è semplicemente fasullo, artefatto). Una considerazione però è curiosa: a un certo punto il protagonista chiama tre suoi amici (maschi) 'patacche'; ora, la 'patacca' romagnola è il sesso femminile (detto peraltro in modo volgarissimo), ma per traslato indica anche il cretino (Fellini lo adoperò in tale accezione), in un modo che può ricordare il termine 'pirla' lombardo. Ma 'patacca' = cretino è indeclinabile: un patacca, due patacca, centomila patacca; altrimenti torna a significare la vulva e, nel contesto appena presentato, risalta emblematicamente l'approssimazione con cui il film è stato scritto. Musiche barzotte di Alberto Radius, chitarrista di Battisti. 2,5/10.
Il sesantenne Alceo è un contadino romagnolo che, per abitudine, ogni estate 'affitta' una prostituta per un mese di fila. L'anno in cui sceglie la giovane e simpatica Ester, però, capisce che si trova di fronte a una persona di cui potrebbe perfino innamorarsi.
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