Regia di David Lowery vedi scheda film
Una genuina favola ambientalista sull’importanza del rispetto della natura e allo stesso tempo un delicato racconto di formazione e crescita che riflette sul delicato passaggio da infanzia a adolescenza (e quindi età adulta) e sul potere consolatorio della fantasia.
Dopo un tragico incidente stradale, Pete, un tenero bambino di cinque anni, perde entrambi i genitori e si ritrova solo e sperduto in una grande foresta. A salvarlo da alcuni feroci lupi si palesa improvvisamente un’enorme essere che tutti gli abitanti del luogo considerano solo una innocua leggenda locale, ovvero un drago. Il piccolo, per nulla intimorito dalla mostruosa creatura, decide di chiamarlo Eliott, come il protagonista del libro che sta ancora imparando a leggere, e resta a vivere con lui. Trascorreranno ben sei lunghi anni prima che dei boscaioli si imbattano nella sua presenza e in quella del suo singolare amico.
A distanza di quarant’anni dalla prima trasposizione, che vedeva una commistione di attori in carne e ossa e disegni animati, la Walt Disney, seguendo una recente politica di riscoperta e rimodernamento dei suoi classici, ha prodotto e realizzato una nuova versione del racconto dell’amicizia insolita tra un grande e buffo Drago buono capace di diventare invisibile e un coraggioso orfanello smarrito, potendo contare stavolta sul supporto di sofisticati effetti digitali, oltre che su un buon cast di interpreti , tra cui Bryce Dallas Howard, Robert Redford e Karl Urban, per non dimenticare il giovanissimo protagonista, molto comunicativo.
La storia è semplice e lineare, a tratti anche prevedibile, specialmente per quanto riguarda le dinamiche relative alla scoperta di un “fenomeno da baraccone” sul quale speculare, ma comunque la sceneggiatura è più che buona e solida, e svolge il suo dovere restando nei canoni del genere, senza troppe ingenuità o facili stilemi infantili, come ci si potrebbe aspettare da un prodotto rivolto ai più giovani. Al contrario, la trama, pur nella sua elementarità riesce ad intrattenere e a fare riflettere perfino, toccando con delicatezza diversi temi dalla perdita degli affetti alla difficile ricerca di un’identità, e ancora il dolore della separazione e della crescita, tutti concetti dei quali il drago invisibile sembra farsi – paradossalmente – incarnazione, svolgendo allo stesso tempo la funzione simbolica di sogno, fantasia, libertà espressiva.
Una favola senza tempo, insomma, ben scritta, realizzata e interpretata, che pur di facile fruizione si presta a più letture.
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