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Il segreto dei suoi occhi

Regia di Billy Ray vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il segreto dei suoi occhi

di amandagriss
6 stelle

 

Non c’è da sorprendersi se alla scrittura e direzione de Il segreto dei suoi occhi, remake libero dell’omonima pellicola argentina, premio oscar come miglior film straniero nel 2010, figura Billy Ray (L’inventore di favole, Breach - L’infiltrato, per State of play e Captain Phillips solo sceneggiatore) acuto osservatore della realtà storico-sociopolitica contemporanea, in special modo di quella che riguarda gli Stati Uniti d’America, sua terra natìa.

Sebbene sia un rifacimento, il film di Ray ha il raro pregio di distaccarsi in maniera credibile dall’originale e di vivere autonomamente, riuscendo ad aderire perfettamente al contesto in cui viene calato. Insomma, ad ‘americanizzarsi’.

Tant’è, che anche chi ha avuto modo di conoscere l’opera di Juan José Campanella, qui chiamato a collaborare in veste di produttore esecutivo, segue il dipanarsi degli eventi con assoluta partecipazione e con un pizzico di curiosità, concentrato soprattutto ad appurare le similitudini e le differenze tra i 2 copioni.

E così, la dittatura argentina che fa da sfondo e da concausa ad una brutale tragedia abbattutasi su una giovane coppia sposata, assumendo nel tempo i dolenti tratti di una storia di vendetta o di giustizia privata, in quel di Los Angeles sarà l’emergenza post 11 settembre, le misure di sicurezza adottate, lo stato di massima allerta, la lotta al terrorismo come priorità assoluta su tutti gli altri crimini, ad imbastire un destino di vite spezzate, interrotte, condannate da una caccia all’uomo di cui la ragion di stato non ha voluto farsi carico fino in fondo.

Qui la coppia sposata cede il posto ad una madre poliziotto che, durante un sopralluogo nelle vicinanze di una moschea tenuta sotto stretta sorveglianza, trova il corpo della sua giovane figlia stuprata e assassinata. Partono le indagini, si trova il colpevole, ma non basta. Strazio, rabbia e sgomento ben resi dalla convincente prova di una bentornata Julia Roberts, imbruttita e (s)truccata come una comunissima donna devastata da un lutto ed un torto inconcepibile, efficace nel ruolo della mamma single determinata a trovare il colpevole e consegnarlo, in un modo o nell’altro, alla giustizia.

È probabile che per questo ruolo verrà candidata all’agognata statuetta, come del resto alte sono le possibilità di un ulteriore riconoscimento (dopo l’oscar per 12 anni schiavo) al coprotagonista, l’attore britannico Chiwetel Ejiofor, la cui performance drammatica risulta davvero notevole. Il suo personaggio, rivisitato, è quello affidato nel film di Campanella all’intenso Ricardo Darin. La sempre bella e algida Nicole Kidman veste, invece, i panni del giudice che riapre il caso allora archiviato, che in principio furono dell’affascinante, spigliata, inarrivabile Soledad Villamill.

 

E se la pellicola argentina è attraversata da una malinconia leggera e straziante insieme, pervasa da un’amarezza di fondo che non consola come vorremmo, dove si fa tangibile l’azione del tempo che passa e tutto cambia e tutto lascia uguale, visibile sui volti, sulle chiome canute, sulla vita che va avanti malgrado i ricordi restino lucidi e cristallini, e il dolore intatto se non fortificato, consegnandoci dei personaggi umanissimi e per questo indimenticabili, il film di Billy Ray rispetta la miglior tradizione del thriller poliziesco di fattura yankee, capace, certo e in maniera mirabile (grazie al cast chiamato ad animarlo), di scavare nelle psicologie dei personaggi ma tenendo costantemente presente il filo principale del discorso: un omicidio e un maniaco assassino da scovare. Per cui, l’amore taciuto ma evidente tra ‘la’ giudice e il poliziotto, resta confinato ai margini, mentre, ricordando il film di Campanella, l’indagine per omicidio viaggia parallelamente all’innamoramento dei due.

Basti ricordare la scena della stazione.

E quella porta dell’ufficio di lei in perenne attesa di essere chiusa per una dichiarazione d’amore che arriverà solo molto tempo dopo e nel dolcissimo epilogo.

 

Ma, quindi, da cosa nasce l’esigenza di realizzare proprio un remake de Il segreto dei suoi occhi?

Evidentemente Billy Ray ha visto nella splendida opera di Campanella la possibilità concreta di sviluppare una storia che potesse ben rispecchiare il nostro oggi.

L’incubo del terrorismo (islamico) senz’altro, ritornato per noi occidentali da poche ore prepotentemente e tristemente alla ribalta, prendendo al volo l’occasione per riflettere sulle aberrazioni/errori/decisioni critiche compiute dai governi alle prese con momenti di assoluta tensione.

E il solido spunto per un discorso etico che pian piano sta venendo fuori, costituendo la sottotraccia di diverse, recenti produzioni cinematografiche made in u.s.a. (Flight, Fury, Il nemico invisibile, The Walk), interessato a sondare il grado di moralità individuale, di responsabilità del singolo, quella sempre più rara ostinazione -che rischia di diventare ossessione- a non dimenticare, secondo i dettami della vigente cultura -occidentale- della rimozione.

E, poi ancora, il senso di condivisione.

Come, per esempio, alleggerire il pesante fardello di un segreto inconfessabile.

Di un tormento perpetuo che forse, solo così, si concederà una tregua.

 

 

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