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Silence

Regia di Martin Scorsese vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Silence

di sasso67
9 stelle

Penso che Silence si possa definire il film iconoclasta, nel senso primario del termine, di Martin Scorsese. Il senso più profondo - verrebbe da dire teologico - del film, infatti, sembra risiedere nell'esigenza di custodire la religiosità al proprio interno, indipendentemente dal culto e dalla venerazione delle immagini sacre. In qualche misura, si può dire che Scorsese si riallaccia, quasi per prenderne le distanze, al suo "film scandalo" del 1988, L'ultima tentazione di Cristo, che, seguendo questo filo logico, può essere definito perfino un film iconografico. Laddove l'opera tratta da Kazantzakis inchiodava, per così dire, il suo Cristo alla sua croce, facendo comprendere allo spettatore, alla fine del film, che là era sempre stato e là era destinato a rimanere (per la salvezza dell'umanità dal peccato?), così qui Scorsese sembra voler dire che è giunta l'ora che il cristiano scenda dalla croce, per coltivare interiormente, in silenzio, il proprio sentimento religioso. Le immagini sacre, per quanto sacro possa essere il loro soggetto, restano pur sempre effigi, di per sé non degne di venerazione, o quanto meno non degne di devozione fino alla morte. Il foro destinato all'esplicazione della tensione religiosa è quello interno,quando ragioni di opportunità (spesso politica) non consentano la manifestazione esteriore di tale sentimento. Anche coloro che abbiano pubblicamente abiurato il cristianesimo di fronte a una sacra icona possono continuare a riferirsi a Gesù Cristo come «Nostro Signore».

Anche i buddisti, come si vede qui, sono stati intolleranti e quasi sempre l'intolleranza scaturisce da motivazioni politiche.

Per tornare alla filmografia scorsesiana, sembra un contrappasso di Kundun (1997), quando un gelido Mao Tse Tung diceva al Dalai Lama che «la religione è veleno». Qui, con altrettanta freddezza, l'inquisitore Masahige dichiara a padre Rodrigues che il Cristianesimo è inutile e perfino dannoso per la civiltà giapponese. Questa osservazione è confermata al giovane gesuita anche dal suo ex confessore padre Ferreira (che nel frattempo ha abiurato al Cristianesimo ed ha sposato una donna nipponica), il quale rileva che i giapponesi - ma qui si riferisce alle autorità, giacché molti poveracci avevano in realtà abbracciato la religione cristiana - non potranno mai comprendere il messaggio di Cristo. Ed è forse, anche, un peccato di superbia quello dei Gesuiti, ordine religioso fieramente razionalista, quello di pensare di poter esportare ovunque la parola di Gesù e di imporla su qualsiasi preesistente cultura.

Con Silence, Scorsese si fa quasi teologo, riscopre probabilmente il suo insopprimibile cattolicesimo - professato evidentemente con modalità eretiche ma mai rinnegato - e bada al sodo, con una sorta di filmone che non lesina nella ricostruzione storica, anche laddove non si cura dei particolari: i cristiani crocefissi sulla spiaggia sono legati alle croci con corde talmente allentate da favorirne in qualsiasi momento la fuga. (28 maggio 2017)

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