Regia di Martin Scorsese vedi scheda film
Come in Cuore di tenebra, Rodrigues compie il suo viaggio in una terra ostile per arrivare a Kurtz (Ferreira) e scoprire una verità che potrebbe distruggere ogni sua certezza. Il lungo percorso fra i credenti giapponesi lo pone di fronte a grandi sofferenze e ad una profondità teologica pressoché inesistente, mentre l'assenza di risposte da parte di Dio (cui è sempre stato sottoposto) inizia per la prima volta a pesare su di lui, fino a fargli capire che anche la fede più grande può essere spezzata da una ferrea volontà di annichilimento. Uno dei soggetti più interessanti sul quale Scorsese abbia lavorato, trova realizzazione in un film che purtroppo non va del tutto a segno. Intanto viene clamorosamente sprecata l'occasione di un parallelismo storico: quelle erano più o meno le stesse decadi del rogo di Giordano Bruno, del processo a Galileo e del massimo "splendore" dell'inquisizione iberica (Il grande inquisitore, l'episodio de I fratelli Karamazov, si svolge anch'esso in quel periodo), e dato che si parla anche per i giapponesi di inquisizione, viene a crearsi un paradosso ghiotto ed emblematico, con gli adepti di un culto assassino e torturatore, tendente a reprimere la libertà di pensiero, che vengono giudicati, torturati ed uccisi per le loro posizioni, ma tutto ciò non è mai evidenziato. I confronti fra il prete ed i suoi persecutori poi, se da un lato forniscono degli spunti molto interessanti ed azzeccati ("Ci sono uomini che sono tormentati dall'ostinato amore di una donna brutta.""L'opera missionaria è questo per voi? Una donna brutta?""Sì." oppure "Voi usate la verità come veleno""Che cosa strana detta da un prete", "Non è necessario portare uno da una parte o dall'altra quando c'è così tanto da condividere."), dall'altro vengono in parte depotenziati dalla rappresentazione caricaturale di Inoue Masahige e dell'interprete, con considerazioni sul buddismo confusionarie un po' buttate lì. A funzionare invece, oltre ad una confezione eccellente, è la prosecuzione del tema bergmaniano (e prima ancora bressoniano) del silenzio di Dio, rappresentato in maniera ottima con Rodrigues che viene spezzato sempre più dalla dissonanza che avverte fra fede e sofferenza, e fra volontà della chiesa e volontà di Dio ("Se Cristo fosse qui avrebbe abiurato per salvarli.""Cristo è qui solo che non lo sento.""Dimostra che lo ami: salva la vita di coloro che lui ama. C'è qualcosa di più importante del giudizio della chiesa. Ora tu compirai l'atto d'amore più doloroso che sia mai stato compiuto."), anche se avrei preferito che il finale lasciasse l'ambiguità (come ne Il diario di un curato di campagna).
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