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La voce della pietra

Regia di Eric D. Howell vedi scheda film

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La recensione su La voce della pietra

di Furetto60
7 stelle

Horror-thriller,vecchio stampo,inquietante e suggestivo.

Un bimbo di circa 10 anni Jacob, dopo la prematura scomparsa della madre,si è chiuso in un mutismo selettivo,evitando di parlare col padre e con chiunque gli si avvicini.Di conseguenza il genitore dopo svariati e vani consulti,decide di rivolgersi ad una infermiera inglese,Verena, specializzata nelle cure psicologiche di bambini problematici, imparate sul campo,non essendo provvista di titolo di studio adeguato.Conosce il custode Alessio, con il quale non riesce ad entrare in sintonia,mentre invece familiarizza  con l’anziana e benevola domestica Lilia o forse con il suo spirito,si saprà poi che è morta suicida dopo la morte della madre di Jacob.Dopo un iniziale scetticismo,Verena si rende conto che,quel silenzio è  ben più di un semplice capriccio infantile e  nel maniero dove vive la famiglia, è annidata una forza o energia, che si sprigiona dalle mura e Jakob la  identifica come  la  voce, della madre.Lentamente s’instaura tra lei il bambino una forte complicità affettiva, malgrado il mutismo perduri,mentre con  il padre, Klaus intraprende una relazione intima e focosa, ritrovandosi  presto a essere lei stessa invischitata e posseduta da questa "energia" Finale aperto a diverse interpretazioni,che trattandosi di un thriller soprannaturale,ovviamente non si rivelano.

Basato sul romanzo "La voce della pietra" di Silvio Raffo,Il regista si pone nei confronti dello spettatore attraverso due punti vista,quello di Verena e quello di Jacob, è ambientato nella Toscana degli anni cinquanta,immerso in un’atmosfera crepuscolareggiante, calato in una cornice autunnale  e plumbea,in quei cieli toscani torbidi, tra cripte ombrose e statue fatiscenti,rende molto bene lo spirito in cui si svolge la vicenda,con un tono decadente e sfocato,dalle tinte gotiche,sembra voler omaggiare gli horror degli anni ’50 e ’60, e ricorda in qualche spunto Edgar Allan Poe.Il film ha una struttura decisamente classicheggiante, un tono sommesso ed intimo,uno stile raffinato e racconta  una storia che procede con ritmo lento e un passo felpato,priva di  spettacolarità o effetti speciali,  sobria ed essenziale,carica di forte suggestione,ricca di una sua grazia e di armonie visive,racconto di "fantasmi" soprattutto della mente.

Il regista mescola psicologia e spiritismo,senza produrre facili spaventi, ma  concentrandosi invece, sull’intensità emotiva, opportunamente regalataci dalle ottime interpretazioni del ridotto cast. 

Il film in questione tratta di entità e di presenze soprannaturali,con delicatezza,portando lentamente ma inesorabilmente  la sua protagonista, Verena, verso una deriva psicologica pericolosa ,che la renderà incapace di distinguere la realtà dall’immaginazione, in balia di forze ignote. Le voci che animano la casa, e parlano o si manifestano attraverso la pietra, non vengono mai sentite dallo spettatore, ma percepite solo dai protagonisti e  sono il linguaggio con cui la casa, o la defunta moglie di Klus,si esprime e tenta di riprendersi ciò che le appartiene di diritto.

Un horror-thriller di vecchio stampo, più attento agli aspetti drammatici e psicologici,della vicenda ,che ai risvolti spaventosi,offre nella sua rarefatta atmosfera la migliore qualità e il suo straniante fascino,anche se nell’evoluzione narrativa e nel finale, è piuttosto contorto.

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