Regia di Pablo Trapero vedi scheda film
Continua il viaggio nel cinema civile, di denuncia, quasi parallelo con quello di un altro dei grandi cineasti sudamericani, il cileno Larraín, dell'argentino Trapero, che firma, qui, probabilmente, il suo film più riuscito e importante. Una vicenda reale e agghiacciante, accaduta fra il 1981 e il 1985, nell'Argentina che faticosamente provava a lasciarsi alle spalle la tremenda dittatura dei militari. Una famiglia borghese, in apparenza normale, con un figlio campione di rugby, che si rese protagonista, guidata dal padre, un inquietante e bravissimo Guillermo Francella, di una serie di rapimenti con riscatto, tutti terminati con la eliminazione degli ostaggi. L'idea della prigione, tranquillamente ospitata nella casa dei Pucci, magari accanto alla stanza della figlia, dove il prigioniero era torturato e tenuto in catene, ha tutta la terrorizzante "banalità del male", cui è piena la Storia. L'inquietudine della vicenda è tutta qui, nel dipanarsi della tranquilla vita familiare, dei riti quotidiani della colazione o del pranzo, come se tutto fosse normale, dentro e fuori. Una mostruosità che lascia atterriti e che Trapero ci mostra senza essere mai documentaristico, affidandosi ad attori forti e usando al massimo il suo Cinema classico, molto meno stilizzato di quello di Larraín. Un istmo di Storia che aiutò l'Argentina a rifarsi un'etica, a ricostruire una speranza di democrazia. Uno dei film più belli di quest'anno e Pablo Trapero è ormai una garanzia.
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