Regia di Arthur Harari vedi scheda film
Primo vero lungometraggio da regista di Harari, poco conosciuto da queste parti peninsulari e ancora meno pubblicizzato, accostato però da certe isolate voci in maniera abbastanza pretestuosa al thriller italiano argentiano, con cui non c'entra alla visione proprio nulla, se non per qualche piuttosto isolato frammento visivo come dei dettagli della cornea del protagonista, vittima di un incidente giovanile lavorando alla macchina per smussare i diamanti. E quindi per tutto il film necessitante dell'utilizzo di collirio, come Christina Marsillach in "Opera".
Per tutto il resto siamo in una contorta vicenda familiare di vendetta e riscatto personale all'interno di un discorso che si regge sulla socioeconomia di chi non ha o ha perso tutto, e delle famiglie ricche che non devono mai adattarsi a nulla ma solo prendere ancora di più a tutti; sulle macerie del proprio passato, che è più debitrice di certo cinema d'autore europeo, il quale utilizza il genere thriller più come cornice che effettivamente calandocisi dentro per tutta la trama, seppur l'ex attore esordiente, diriga e monti con competenza. Piuttosto bravo e intenso l'attore protagonista che ben rende l'angoscia e il travaglio di vita, la depressione poi rabbia e furore del suo carattere. Un pò penalizzato da una fotografia-almeno nella versione visionata- tipicamente dei nostri anni, ipernitida e fredda, che pare più apparentarlo ai prodotti televisivi, che al cinema cinema, e da certi passaggi un pò faticosi e poco caratterizzati, che fanno apparire quasi troppo lunga la durata, invece non esagerata.
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