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Dark Inclusion

Regia di Arthur Harari vedi scheda film

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La recensione su Dark Inclusion

di alan smithee
6 stelle

La vendetta si consuma lenta ma spietata nei meandri di una ricca famiglia di commercianti di diamanti di Anversa, riunita suo malgrado in seguito alla morte di uno dei capostipiti meno fortunati. Un noir sfaccettato che funziona più nelle ambientazioni e nei personaggi, piuttosto che nella trama un po' confusa ed appannata. Ottimo Schneider.

Intrighi di famiglia, storie fosche di disconoscimenti e allontanamenti, e di riavvicinamenti sospetti quando le radici e le motivazioni di antichi rancori possono venir meno con la morte di uno dei due capostipiti avversi.

Le sfaccettature comportamentali dei vari rami di una famiglia di ricchi commercianti si rivelano degne della struttura della pietra più preziosa, da tempo al centro di traffici e commerci che hanno reso ricco un lato della dinastia, allontanandone l'altro.

Ecco dunque che quando l’anziano padre viene ritrovato morto in circostanze sospette, per Pier Ulmann, erede del ramo reietto di una famiglia di facoltosi commercianti di diamanti di Anversa che vive a Parigi dividendosi tra lavori in cantiere e piccoli furti organizzati con altri due compagni, è costretto a partecipare alle esequie e in qualche modo a ravvicinarsi a vertice della propria dinastia.

In quella occasione viene avvicinato dal mellifluo cugino, che lo invita a tornare in famiglia, ricoprendo ruoli apparentemente di prim’ordine nell’organizzazione e nella strategia di vendita della società di famiglia.

Sarà per Pier l’occasione più propizia per cercare, con la vendetta, di placare il proprio disagio latente e il subbuglio interiore che da sempre lo attanaglia e lo fa sentire come una vittima succube di una ingiustizia insopportabile.

Il film si addentra in modo un po’ maldestro nei meandri di un intrigo di famiglia che non viene sufficientemente sviscerato e chiarito, ma di cui si apprezzano le fosche controverse atmosfere.

Di rilievo, più che la costruzione della trama noir, appare più che altro l’interpretazione sofferta ed ispirata dell’attore Niels Schneider, ex biondo, ex riccio, ex fotomodello, ex icona di Dolan, qui alle prese con una prova matura ed ispirata in cui riesce a far trapelare dal volto teso e tirato, uno stato d’ansia incontenibile ed un malcelato desiderio di vendetta che diviene una ragione di vita irrinunciabile.

 

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