Regia di Laszlo Nemes vedi scheda film
Idolatrato e premiato dalla critica mondiale, Il figlio di Saul al sottoscritto ha lasciato più perplessità che altro. Il film di László Nemes, pur avendo uno spunto interessante, non regge oltre i primi venti minuti, accartocciandosi su se stesso a causa della sua messinscena: il regista opta per uno sguardo, a conti fatti, in semi-soggettiva, con una serie di long-shot in piani stretti a seguire il protagonista; così facendo l'intero contesto, ben più interessante della piatta linea narrativa che si è scelto di seguire, viene lasciato da parte, continuamente sullo sfondo, perlopiù fuori fuoco.
Stilisticamente l'opera si presenta quasi come un reportage, fa fatica a tenere alto l'interesse dello spettatore e rende impossibile empatizzare coi personaggi (e stiamo parlando di un film sull'Olocausto!). Sicuramente risaltano le abilità tecniche del direttore della fotografia, Mátyás Erdély, il quale ci regala dei momenti visivamente splendidi, e del regista, comunque bravo nella direzione degli attori e dei figuranti nelle complicate scene di massa.
Scene di massa che rappresentano il tanto potenziale inespresso dell'opera, dato che nulla ci viene mostrato al di fuori del protagonista. Il figlio di Saul è vittima del virtuosistico egocentrismo del suo stesso autore.
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