Regia di Laszlo Nemes vedi scheda film
Soul Fia
Ciò che accade in Saul Fia, è un modo di rappresentare la più grande tragedia del Novecento che non si era ancora (non) visto.
Il regista di Sunset, lascia allo spettatore il compito di intuire ed immaginare l'orrore presente nei campi di concentramento; in fondo, ciò che successe nei lager nazisti è, per definizione, nonché per antonomasia, "irrappresentabile" ed "indescrivibile", eppure Nemes, riesce a rappresentare la suddetta tragedia nell'unico modo possibile: non rappresentandola, non rendendola visualizzabile, ovvero, lasciandola fuori fuoco, cioè, per assurdo, la raffigura "ir-raffigurandola". Ecco che, per chi scrive, l'autore ungherese, con Saul Fia, crea delle nuove coordinate di raffigurazione per quanto concerne la shoah.
Insomma, Nemes prende quell'orrore vecchio, e lo rende incredibilmente e terribilmente nuovo. Eternamente nuovo, poiché, non mostrandolo, lo eternizza.
Saul Fia è un punto di non ritorno; la sola operazione possibile oggi per rinnovare, rendere (veramente!) immortale quell'orrore. Il modo migliore o, meglio, unico, per de-banalizzarlo.
Va e (non) Vedi.
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