Regia di Kevin Goetz, Michael Goetz vedi scheda film
Lo ripeto ancora una volta. Gli americani sono troppo sfaticati per leggere i sottotitoli e troppo raffinati per vedere un film doppiato. Quindi fanno direttamente l'istant remake. A loro piace così. È una questione culturale, e noi ci dobbiamo stare. A volte funziona (“Uomini che odiano le donne”), a volte no (“Old Boy”).
Nel caso di "Martyrs" dei fratelli Koetz, sebbene non punti completamente l'asticella sul "no", non mi sento nemmeno di dargli una completa sufficienza. C’è da dirlo: la sfida non era semplice. Quel fulmine a ciel sereno del 2008 si impose prepotente e inaspettato nel panorama internazionale come il capostipite della cosiddetta horror french new wave, di cui il regista Pascal Laugier è ad oggi il massimo esponente (suo anche la hit USA “I bambini di Cold Rock”). Avete presente le leggende per cui uno spettatore morì d’infarto durante la prima de “Lo squalo” o un altro svenne davanti alla scena della siringa in “Pulp Fiction”? Ebbene, io sono testimone diretto di una ragazza che andò in tachicardia e che fu portata di peso fuori dalla sala Petrassi dell’Auditorium durante la proiezione di mezzanotte di “Martyrs” al festival del cinema di Roma. Vien dunque da pensare che per vincere la partita, ai fratelli Koetz bastasse copiare il compito di Laugier, eppure…
Per più di due terzi il remake segue fedelmente l'originale, con davvero pochi (ma qualcuno sì) virtuosismi registici che non giustificano completamente l'operazione agli occhi di un europeo.
Al contrario, il film si distacca dall'originale solo nel terzo atto per significative differenze sulle dinamiche tra i personaggi e i meccanismi di disvelamento del mistero. Sebbene il film originale fosse un po' troppo lineare, questo al contrario risulta confuso e soprattutto non convincono appieno le argomentazioni del capo della confraternita, facili da controbattere e che fanno apparire i loro affiliati ancor più folli delle loro vittime.
Il film dei Koetz purtroppo pecca anche su altri aspetti. Risulta essere decisamente troppo corto per convincere lo spettatore sull'efficacia di tale "metodo di raggiungimento della verità” (il film del 2008 vi riusciva grazie ad una sequenza di tortura che da sola occupava mezz'ora di pellicola). Anche i concept dei mostri che infestano la vita delle povere vittime emergono poveri e standardizzati da un confronto con i loro agghiaccianti alter ego francesi da incubo (che tradivano una sana ispirazione asiatica). E infine la musica, decisamente troppo orchestrale, preponderante e prepotente, tende decisamente al melo-drammatico invece che a creare la giusta atmosfera di genere.
Alla fine, resta solo la voglia di riguardare il capolavoro originale di Pascal Laugier.
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