Regia di M. Night Shyamalan vedi scheda film
La MdP impugnata letteralmente come grimaldello. Film limpido, senza uno sbafo, che scandisce con ovattata, plumbea, uggiosa luccicanza i giorni della settimana: la sua tattica semplificatoria non sottrae/disinnesca senso ma compostamente ne insorge legandolo allo scorrere della pura trama. La morale, ridicola come la vita, è sul rullo di coda.
La videocamera impugnata ( letteralmente ) come grimaldello / maglio / piede di porco.
Stai cambiando la lunghezza focale dell'obbiettivo (?).
Non so nemmeno che vuol dire.
Stai zoomando ?
No [...ooo000OOO)))∑ ].
Wide Awake, M. Night !
Signore e signori, grazie a Dio, Shyamalan è tornato.
Ha smesso di sentire il bisogno di dover raccontare delle storie ''per i'' ed ''a i'' propri figli ( e contestualmente e reciprocamente è ridiventato soggettista-sceneggiatore unico, solitario e totale dai tempi di "the Happening" ) e ha ricominciato a raccontare ''i'' figli ( e i genitori, e i nonni, e quelli che si fermano agli angoli della strade che s'incrociano e ti guardano, ti guardano...).
Dopo il suicidio per amor filiale di "the Last AirBender" (pericoloso) e i tentativi di riprendersi con estreme ed autosabotanti concessioni al Sistema ( che comunque mai, per quel che vale, a conti fatti, furono flop al botteghino sala+home ) - sia esso hollywoodiano ( Will Smith, Columbia, Sony ) o televisivo (Fox, FX ) - di "After Earth" (innocuo) e "WayWard Pines" (mesto) - sempre con l'intervento specifico della sua Blinding Edge Pictures -, ecco che forse il regista catto(indo)statunitense di Philadelphia riazzera la propria carriera e s'appresta a riattizzare gli autentici splendori ''passati''.
E ripartire - in un certo senso - proprio da "Wide Awake" -[ lo specchio bianco di "the Visit" : là si era alla ricerca/conoscenza di un nonno da poco scomparso, qui si sopravvive alla sindrome dell'abbandono guardandosi allo specchio e ritornando - gioco forza -, in pieno passaggio tra fase latente e genitale, alla fase anale-orale : re-imparare a gestire il pannolone...degli altri ( e la propria misofobia : futuro novello prossimo venturo mancato Howard Hughes ) ]-, oltre che da "the Sixth Sense" -[ là dove invece, del tutto casualmente - al contrario che qui, in cui i ragazzi utilizzano il mezzo con metodo e consapevolezza ( caratteristiche certo seppur parziali ed in nuce ), salvo poi ( per l'appunto ) dover aspettare l'arrivo della cavalleria ( trasfigurata sotto forma di Skype ) - una videocamera risolveva un mistero, riuscendo a vedere, a cogliere, a registrare più dell'occhio umano ]-, mi sembra una buona premessa : soddisfare il proprio occhio ( bambino o adulto che sia ) e non quello degli altri è un ottimo punto di partenza per creare bellezza. Per il prossimo film, out of BlumHouse, magari di milioni gliene daranno 20/40 ( vado a sesto senso ).
E' così che giocano i bambini, no ?
Se con “Lady in the Water”, stilando un canone e una procedura, antropomorfizzava ogni topos del narrare ( crashando, mashupando e innestando tra loro fiaba e favola rinfocolandone e precipitandone l'essenza ), con “the Visit” gioca - più liberamente - col concetto di meccanizzazione del ''fare cinema'' in tempi di proletarizzazione dello stesso.
Di fatto la rivoluzione delle Digital Camera Full HD per il grande pubblico è paragonabile a quella dei colori in tubetto e delle penne a sfera : il film è girato interamente con delle 4K Canon EOS C300 ( forse nemmeno Mark II ), una fascia superiore pensata per i professionisti ( che la madre dei ragazzini ne avesse trovata una nel ''reparto merce difettosa'' del supermercato in cui lavora e fosse riuscita a ''trafugarla'' sarebbe stato un po' strano ), mentre nella finzione della messa in scena ci si accontenta di due camcorder ( non semplici handycam ) full-frame ( o quasi ) recuperate di straforo ( sempre Canon, che come contropartita ad una co-produzione sgancia una non indifferente ma onestissima productplacementazione ) : una professionale per la sorella maggiore e una fotocamera bridge ( stile cyber/power-shot, per sconfinare in Sony ) per il fratello minore, nominato B-Camera Operator [ il Direttore della Fotografia è Maryse Alberti, già collaboratrice di Raoul Ruiz, Michael Apted, Todd Haynes (Poison e Velvet Goldmine), Susan Seidelman, Leon Gast (When We Were Kings), Terry Zwigoff (Crumb), Todd Solondz (Happiness), Richard Linklater (Tape), John Curran, Alex Gibney, Martin Scorsese (No Direction Home), Laurie Anderson, Darren Aronofsky (the Wrestler), Peter Sollett (FreeHeld) ].
Film limpido, senza uno sbafo
--{ ad esempio : l'apparente paradosso principale consistente nel fatto che con tutta evidenza non esiste una sola testimonianza non dico filmica ( home-movie) ma anche ''solo'' fotografica dei due nonni in casa della loro figlia fuggita dalla famiglia quand'era post-adolescente e appena maritata clandestinamente, 15 anni prima
[ è lei - la madre dei due ragazzini, che all'epoca poteva essere una sorella maggiore - a compiere l'atto (materiale) ''irrimediabile'' ( ma le colpe dei nonni vengono declamate, spiegate, indagate ), è sempre lei che protrae indefessamente la rescissione completa dal proprio nucleo famigliare ( estendendo la cesura anche ai propri figli, che sono anche nipoti di qualcuno ), giorno dopo giorno ( sono i nonni a rintracciarla s'un social network e a fare il primo passo ) ].
Ed ecco la soluzione del presunto ''enigma'' : non è che sul finire del 2° millennio d.C. la profusione della registrazione/condivisione del quotidiano/ordinario ( che oramai è divenuta una prolusione al guardare, all'ascoltare, al pensare ) fosse così pervasiva come oggi : scappare in fretta e furia, senza album di famiglia ( né fototessera di prammatica circostanza nel portafoglio ), a quel tempo voleva dire abbandonare qualsiasi testimonianza iconografica del proprio passato ( rescindendo altresì, da lì in poi, ogni possibile contatto famigliare futuro ), in assenza di una protesi della memoria costituita da quell'hard disc esterno che oggi chiamiamo smart-phone }--,
che scandisce con ovattata, lattiginosa, plumbea, uggiosa luccicanza i giorni della settimana : la sua tattica semplificatoria ( il ridicolo è consapevole, e tragico : la scena col ragazzino che ''interpreta'' per i ''nonni'' un bambino-tipo che gioca con la palla è da spezzare il cuore...) non sottrae e disinnesca senso ma compostamente ne insorge legandolo allo scorrere della pura trama ( al montaggio c'è L.F.Ciarrocchi, cresciuto nella scuderia Shyamalan-Blinding Edge : da assistente per “the Happening” su su su fino ad ora, a ricoprire il ruolo di editor principale con le sacre forbici e colla digitali in mano ).
La morale [ che poi sia ''cattolica'' ( ad ogni modo da scomunica e da proibizione sacramentale : una madre che non ha saputo tenersi un marito e che ora convive con un altro uomo, per dinci e per bacco! ) certa critica lo potrà dedurre dalla produzione precedente del nostro, ma non da questo film : è una morale di buon senso, nemmeno ''occidentale'', direi specie-specifica all'Homo s. sapiens, se non più ampiamente animale ] è sul rullo di coda. E' il twist. E' il touch. E' il fottuto ( anzi il Miiiley Cyyyrus ) penultimo spezzone di home movie aggiunto : l'elisir ( una miseranda ''eredità'' paterna, tanto inconsapevole da parte genitoriale quanto incommensurabile patrimonio morale eretto con la propria filiale esperienza ).
C'è spazio anche per qualche elucubrazione pre-finale ( che il sotto-finale risolverà ), durante il corso dell'audio-visione : i nonni non vogliono parlare ai nipoti della loro figlia e madre perché nei cervelli dei corpi invasi e addormentati questo rimembrare susciterebbe reazioni pericolose, oppure perché non hanno le risposte e in questo modo, pur nella loro ( lucida ) follia, si farebbero scoprire ?
Sia naturale. Sia naturale! Vaaa...bene, non fa niente.
6 attori ( 4 principali – due protagonisti e 2 co-protagonisti...a vicenda –, 1 secondario e una comparsa ) grandiosi : i giovani Olivia DeJonge e Ed Oxenbould ( ottimamente diretti, ma indipendentemente da ciò li risentiremo nei prossimi anni ), gli anziani Deanna Dunagan e Peter McRobbie ( quest'ultimo il vero mattatore ''in sordina'' del film, mentre lei è continuamente - e volutamente, per contrasto - sopra le righe, sia in sottrazione come in overacting ), e gli adulti Kathryn Hahn ( Parks and Recreation, Transparent, e l'ultimo Bogdanovich : “She's Funny That Way” ) e Celia Keenan-Bolger.
Presenza morale alla J.Carpenter ( Pro-Life, the Ward ) --- ad ogni sobbalzo ( i nonni sempre più folli ) corrisponde un processo raziocinante di riportare tutto all'assennato, allo spiegabile, un tentativo di ricondurre tutto alla normalità che abbia una logica e una giustificazione (''adulta''), e che sia comprensibile, accettabile, gestibile : cos'anelano i ragazzi(ni), se non sicurezza, coerenza e stabilità famigliare ? E' un desiderio, è un bisogno innato e necessario ---, condensazione metacinematografica alla G.A.Romero ( Diary of the Dead ) --- però, attenzione : l'intera opera è un film nel film : girato, interpretato e montato da Rebecca ( e Tyler ) : tutto materiale nuovo e non ''ritrovato'', ''recuperato'' ( al limite...''sopravvissuto'' : molto herzoghiano da questo PdV ) o ''pre-esistente'' ( nulla a che vedere col ''found-footage'', insomma ) ---, e finale alla J.Demme, canterino, ad accompagnare i titoli di coda.
La cosa più incredibile è il poster di “Beirut, Philadelphia” ( il documentario - esposizione multimediale di Eugene Martin ), appeso in camera dei ragazzi.
Sarà normale il mondo delle navi da crociera ( una cosa che si supponga essere apparentemente divertente che non farò, mai ), allora! Shaaakiiira! Kaaaty Peeerry! Shaaania Twaaain! DFW!
* * * ¾ (7½)
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