Regia di M. Night Shyamalan vedi scheda film
Spavento collaudato. Spavento stereotipato. Dal found footage alla casa degli orrori, è tutta roba di repertorio. Riproporcela, indubbiamente, richiede un notevole sforzo di fantasia. E questo impegno si traduce qui in una visibile fatica, un affanno palpabile, che fa annaspare la tensione in una stentata gradualità impastata di lentezza. Lunga e trascinata è l’attesa della rivelazione finale, mentre ciò che avviene in quella villetta di campagna della provincia americana sembra solo una noiosa normalità striata dalle bizzarrie di una triste vecchiaia. Due nonni accolgono presso di sé, per la prima volta, i due nipoti che non hanno mai incontrato. Alle spalle della storia c’è una lite familiare, una improvvisa fuga della figlia, un amore contrastato, un abbandono che ha segnato per sempre le vite di ognuno. Adesso si vorrebbe tentare di ricucire lo strappo, ma la lontananza e la follia, si sa, sono le tradizionali nemiche della pace. Tayler e Rebecca, i due adolescenti che si trovano alle prese con le inquietanti stravaganze della coppia di anziani, cercano di affrontare la situazione con psicologia e piglio scientifico, girando un documentario su quella loro singolare vacanza in un luogo sconosciuto, a contatto con perfetti estranei di cui non riescono a capire la vera natura. Con una piccola videocamera inquadrano la paura e il mistero, ma con l’esitante imperizia che si addice alla loro età, e che è a malapena compensata dalla vibrante curiosità di risolvere l’enigma e scoprire la verità. Il tono – tra lo scanzonato e il morboso - del giallo per ragazzi conferisce al racconto quella cadenza benigna che distrae, ma solo un poco, dalla tenebrosa rarefazione di una pellicola che il regista sembra non saper come gestire, con le riprese in soggettiva che si mescolano confusamente con quelle appartenenti al filmino amatoriale, in una miscela di immagini maldestramente shakerate nella vana ricerca dell’effetto. Per una volta, il non vederci chiaro è un elemento che frena l’immaginazione, perché opacizza lo sguardo, ostacolando la nostra capacità di inserire quei rozzi brandelli nel contesto di una qualche suggestione complessiva, di un qualche genere narrativo. L’unica componente disturbante è quel sommesso stridore che si sente in sottofondo, il quale, però, più che un rimbombo del terrore, si direbbe la meccanica eco dell’attrito prodotto tra le articolate ambizioni dell’autore e la piattezza della messa in opera. Quando, come in questo caso, la pressione della pretesa sostituisce lo slancio della passione, l’insuccesso è garantito, ed è pure aggravato dalla inevitabile caduta nel manierismo raffazzonato di chi ha in mente grandi cose, ma solo per averle viste da qualche parte, e sentire, dentro di sé, una voglia matta di copiarle.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta