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20.000 leghe sotto i mari

Regia di Richard Fleischer vedi scheda film

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La recensione su 20.000 leghe sotto i mari

di Immorale
10 stelle

Il film di Fleischer rappresenta, per chi scrive, l’ipotenusa di un ipotetico triangolo (delle Bermuda, ovviamente) del glorioso cinema d’avventura dei tempi che furono, con i cateti occupati da “Viaggio al centro della terra” di Henry Levin del 1959 e “Viaggio allucinante” (sempre di Fleischer) del 1966 (ci sarebbe anche “Il giro del mondo in 80 giorni” di Michael Anderson del 1956, però non ad ambientazione “fantascientifica”). Lavori che, grazie alle numerose repliche di mamma Rai, ho avuto modo di veder innumerevoli volte, scoprendo grazie ad essi l’opera dello scrittore dalla cui fantasia erano scaturiti (a parte “Viaggio allucinante”) e cioè il francese Jules Verne, scrittore ottocentesco dalla inesauribile fantasia avventurosa. All’ennesimo recente (e corroborante) passaggio ho potuto constatarne la sempiterna valenza cinematografica, anche dopo un sessantennio: nessuno degli elementi tecnici usati, quali lo scintillante technicolor e gli artigianali effetti speciali, mi è parso infatti datato o fuori luogo, anzi in particolare questi ultimi mi sono sembrati particolarmente efficaci (infatti furono premiati con l’Oscar 1955 insieme alle scenografie). 

 

 

Le sequenze degli speronamenti delle navi da parte del “mostro marino”, per esempio, indelebilmente scolpite nelle mie pupille di ragazzino (insieme ai suo famelici occhi luminescenti) o le passeggiate “lunari” sul fondo dell’oceano non hanno perso un briciolo della loro originalità, anzi sono entrate nell’immaginario collettivo di milioni di spettatori (sia “vintage” che non) e stuzzicato la produzione fantascientifica a venire e futura. Fattore non secondario, se consideriamo che ancora negli anni 2000 una serie di videogames cd. “sparatutto” (Bioshock) pare palesemente e visivamente ispirarsi al film  (https://www.youtube.com/watch?v=Ymg2HzHF9-4).

 

 

La leggerezza dell’assunto, tipica del periodo, non nasconde poi la drammaticità delle tematiche trattate quali la morte, la schiavitù, la pazzia, la vendetta, i limiti della conoscenza umana e l’avidità: levità dovuta probabilmente alle ferree regole morali hollywoodiane dell’epoca, circostanza che accresce ulteriormente il valore registico e sceneggiativo dell’opera (considerando che si trattava di una produzione della Disney).

Gli interpreti, infine, sono perfetti nell’immedesimazione dei personaggi rappresentati: adesione caratteriale forse “naturale” per Kirk Douglas, adorabilmente spaccone e sbruffoncello nei panni del marinaio Ned Land, ispirata quella del veterano James “Nemo” Mason (che interpreterà anche il prof. Lindenbrook in “Viaggio al centro della terra”), completa quella di Paul Lukas nei panni del prof. Aronnax,  leggermente svagata ma comunque efficace quella di Peter Lorre e…assoluta quella della foca Esmeralda.   

 

 

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