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Urla del silenzio

Regia di Roland Joffé vedi scheda film

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La recensione su Urla del silenzio

di Baliverna
8 stelle

E' un film dei pochi (o l'unico, altri non ne consoco) che ha il merito di far conoscere un po' la storia della rivoluzione cambogiana dei Khmer Rossi, e il regime che instaurarono nel paese nel 1975. Tuttavia la pellicola marcia su un duplice binario: da una parte mostra le atrocità commesse dai Khmer sulla popolazione civile, dall'altra indica precise responsabilità da parte degli Stati Uniti. L'aviazione americana, infatti, bombardò alcune cittadine cambogiane, facendo strage di civili. La pellicola, più precisamente, sostiene non senza ragione che questi bombardamenti hanno di fatto favorito la rivoluzione dei Khmer Rossi, al di là di qualunque intenzione possa aver motivato le gerarchie militari. Non fu difficile ai comunisti cambogiani, infatti, presentarsi (almeno sulle prime) come i salvatori della patria dal comune nemico a stelle e strisce.
La responsabilità per il tremendo regime che ne seguì, i massacri, i campi di lavoro, le esecuzioni, è quindi anche degli Stati Uniti.
Il regista conduce la lunga vicenda con uno stile originale, a tratti quasi straniato. La violenza viene rappresentata con una tecnica cinematografica che non dà enfasi, ma forse proprio per questo fa più impressione. Diverse volte le scene di sangue rimangono fuori campo, senza perdere però la loro efficacia. Altre volte sono così improvvise che lo spettatore non se le spetta proprio, e rimane spiazzato come la vittima. E' uno stile poco usato, come dicevo, ma devo dire che funziona.
Alcune scene o situazioni, per la loro violenza morale o fisica, rimangono scolpite nella memoria: quando ad es. i Khmer invitano garbatamente gli intellettuali o gli ex ricchi di prima a manifestarsi, offrendo loro un pieno perdono, ma poi li fanno fuori; l'educazione della popolazione, specie dei bambini, all'odio verso tutti (anche genitori e fratelli) e all'amore solo per il Partito; una ragazzina sui 12 anni pienamente educata dal regime che incappuccia un malcapitato e lo consegna al boia; la stessa ragazzina che sradica le pianticelle di verdura coltivate davanti a casa dai contadini affamati, perché sono permesse solo le coltivazioni ufficiali del Partito.
Quanto a stile e regia - restando nell'argomento dittature - forse preferisco l'Oliver Stone di "Salvador", ma pure questo è un film di sicuro valore, anche di denuncia.

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